PALERMO. Malgrado il via libera del Consiglio superiore della magistratura, la nomina ad assessore regionale ai Rifiuti della pm Vania Contrafatto ha suscitato le dure critiche del procuratore di Palermo Leonardo Agueci: «Scredita tutta la magistratura».
Il reggente della Procura di Palermo ha precisato in un un lungo colloquio con l’agenzia di stampa Adnkronos di non aver nulla di personale contro Vania Contrafatto. Ma poi ha analizzato la sua nomina sotto il profilo degli effetti che possono derivarne: «È un esempio, per certi versi, molto più grave degli altri colleghi entrati in politica, delle interferenze del mondo della politica sull'attività inquirente, in particolare della Procura della Repubblica, che finisce per danneggiarci».
Per Agueci bisogna allontanare i sospetti di possibili interferenze della politica proprio in un momento in cui la magistratura sta accendendo i riflettori su fenomeni di malcostume: «La Procura della Repubblica tanto più mette il naso su questi settori, tanto più deve essere immune il più possibile a sospetti anche di situazione esterne che possono depotenziarla anche sul piano della credibilità e dell'immagine».
Il procuratore sottolinea infine che «esistono delle regole che disciplinano la candidatura di un magistrato. Ma quando c'è un passaggio diretto dall'amministrazione della giustizia all'amministrazione attiva, quello è completamente svincolato da qualsiasi regola». Da qui l’invito rivolto al Csm e al legislatore «affinchè vietino per il futuro passaggi diretti dalla magistratura all’incarico politico. Il legislatore deve tracciare dei percorsi senza ritorno. L’attività giudiziaria e la politica devono restare completamente separati. E le tentazioni di condizionamento della politica sulla giurisdizione possono essere contrastate efficacemente se la giurisdizione è totalmente estranea alla politica».
La Contrafatto non ha ancora commentato le frasi di Agueci. Che però vengono ritenute opportune dall’associazione degli avvocati penalisti: «La mancata introduzione di una disciplina chiara ed efficace - sottolineano i penalisti - che preveda da una parte un adeguato periodo di decantazione prima di accettare candidature o incarichi politici da assolvere in luoghi diversi da dove si sia esercitata la funzione, e dall'altra l'impossibilità di tornare alle funzioni giudiziarie al termine del mandato politico, determina la tentazione e la possibilità di utilizzare la funzione giudiziaria impropriamente per scopi che ne sono estranei, con protagonismo finalizzato alla carriera politica che contribuisce ad alimentare il populismo giudiziario, che a sua volta toglie autorevolezza alla magistratura e mina la credibilità delle decisioni e dell'attività giudiziaria nel complesso».
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