PALERMO. «L'emergenza è riuscire a mettere in ordine i conti della Regione con interventi strutturali e non con artifizi contabili. Un'operazione, questa, sicuramente non indolore che deve per forza passare da tagli non lineari ma mirati, che liberino le casse della Regione da una spesa che in tempi di magra non è più sostenibile». Ad affermarlo è Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che detta alla classe politica le riforme da mettere in agenda.
Presidente, al momento, alla Regione con la formazione del nuovo governo sembra essersi chiusa una stagione di liti nella maggioranza, che ha contribuito a tenere sotto scacco ogni tentativo di ripresa programmatica. Cosa bisogna fare a questo punto per rilanciare l'azione dell'esecutivo e far ripartire l'economia siciliana?
«È il momento di cambiare approccio. La Sicilia, negli anni, ha accumulato enormi gap che non possono essere superati con interventi spot. La speranza è che con questo nuovo governo, che sembra aver ricomposto gli equilibri nella maggioranza, si possa finalmente avviare una stagione di stabilità, indispensabile per poter programmare riforme e investimenti. Di politici bravi, in tutti gli schieramenti, ce ne sono tanti ed è a loro che dobbiamo affidarci per far cambiare passo a questa Regione. Di certo, non è più possibile muoversi in affanno. È necessario, piuttosto, individuare gli obiettivi e definire un percorso. Per riuscirci, occorre un piano almeno triennale da condividere politicamente e con le parti sociali. Una volta stabiliti percorso e cronoprogramma, però, deve essere anche garantito il controllo e il monitoraggio degli step perché, come troppo spesso accade, l'annuncio non resti fine a se stesso».
Quali sono le emergenze da affrontare subito e le riforme da mettere nell'agenda politica?
«Per quanto ci riguarda, posso assicurare che Confindustria, insieme con le altre associazioni datoriali, si impegna a vigilare sull'operato dell'assessorato al Bilancio affinché non vi siano sprechi, venga garantito il flusso di cassa e i bilanci vengano redatti in maniera limpida, trasparente e leggibile a chiunque e non solo agli addetti ai lavori. Solo così è, infatti, possibile passare alla seconda fase, ossia alla programmazione degli investimenti per rimettere in moto la macchina. Perché, è chiaro, che senza investimenti non si potrà mai uscire dal pantano e dalla recessione. Le imprese, in questo momento, rappresentano la chiave di volta, il volano per far ripartire il territorio. Ma per questo è necessario che governo e parlamento si impegnino per creare l'humus favorevole alla crescita».
Presidente, ci spieghi in che modo.
«Innanzitutto, semplificando la macchina amministrativa, garantendo trasparenza, tempi certi e norme stabili che permettano di programmare gli investimenti, e mettendo fuori mercato chi cerca scorciatoie. Un diktat sul quale deve fondarsi, in primis, l'intero sistema degli appalti, la cui normativa dovrebbe essere riformata per garantire una maggiore velocità delle procedure, accompagnata da un rigido controllo dell'avanzamento dei lavori. Se da un lato, infatti, è necessario garantire alle imprese tempi certi d'investimento, dall'altro è necessario garantire ai cittadini tempi certi di fruizione del bene».
Fondi europei: entro due mesi la Sicilia, per evitare che i soldi tornino a Bruxelles, dovrà spendere più di 500 milioni del Po Fesr. Cosa fare per accelerare la spesa?
«Occorre precisare che se entro dicembre la Sicilia deve spendere 500 milioni del Po Fesr, entro la fine del 2015 la cifra sale a 1 miliardo e 800 milioni di euro. Detto questo, posso dirle che nell'immediato la cosa da fare è sbloccare tutti i mandati di pagamento. In questo modo si permetterebbe di avviare o portare a termine attività già finanziate. Al tempo stesso, ci sono milioni di euro inutilizzati (Fondi Pac, Piano di Azione e Coesione) che potrebbero essere impegnati per edilizia scolastica, agenda digitale, piccole infrastrutture, turismo, trasporti e per la realizzazione di opere edili in un momento in cui ci sono 118 progetti cantierabili (e già finanziati da altre fonti normative con 5,1 miliardi di euro), fermi da anni a causa di intoppi burocratici. Fra queste vi sono i famosi 1,1 miliardi per reti idriche, fognature e depuratori assegnati dal Cipe nel 2012 e prorogati più volte. E la beffa è che i soldi restano nel cassetto e intanto siamo in procedura di infrazione con la Commissione europea».
La programmazione 2014-2020 è già stata avviata. Cosa fare per evitare di commettere sempre gli stessi errori?
«Partiamo da un presupposto: non possiamo più parlare di quantità della spesa, ma solo di qualità. Perché il problema non è, come passate esperienze di governo hanno dimostrato, impegnare l'intero budget a disposizione, ma far sì che la spesa crei sviluppo. È indispensabile quindi lavorare sulle strategie, sulle priorità e soprattutto sui risultati attesi e misurabili, considerando queste aree tematiche: internazionalizzazione, attrazione di investimenti, ricerca e innovazione, servizi reali alle imprese, infrastrutture di completamento e logistica, turismo, efficienza energetica, fonti rinnovabili, ciclo integrato dei rifiuti. Ma per riuscire ad attivare una spesa incisiva, la condizione preliminare è che ci sia una governance politica duratura e coesa, affiancata da un'amministrazione regionale e locale competente nella gestione di procedure di certo complesse».
Confindustria è stata considerata main sponsor del governo Crocetta. In questi mesi, però, non sono mancati i momenti di tensione. Come stanno oggi i rapporti dell'associazione con il presidente della Regione?
«Confindustria deve tutelare le proprie imprese e non può che discuterne con i governi di turno, con i rappresentanti delle commissioni, ma anche con un'opposizione attenta e vigile. Noi siamo al fianco di chi con competenza vuole cambiare la Sicilia, indipendentemente dal ruolo o dai colori politici».
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