ROMA. Silvio Berlusconi blinda il patto del Nazareno proprio nella giornata in cui Pierluigi Bersani sferra un durissimo attacco al premier Matteo Renzi spiegando che il patto serve solo a far guadagnare Mediaset in borsa.
Bersani, a Milano per la prima iniziativa della 'minoranza' Pd di Area riformista non fa sconti a Matteo Renzi. Senza peli sulla lingua dice che «non c'è nessun bisogno del patto del Nazareno», che «non c'è ragione di legarsi alla formula del patto» e per fare le riforme «bisogna parlare con tutti». E anzi ironizza sull'ultimo incontro del premier con Silvio Berlusconi: «quando si è rinnovato il patto del Nazareno la borsa ha perso il 2,9%, Mediaset ha guadagnato il 6%». «Se è un toccasana del genere - aggiunge - allarghiamolo a tutte le aziende».
Mentre il premier si trova a Brisbane per il G20 ci pensa il ministro delle riforme a replicare all'ex segretario ricordandogli che solo grazie al patto del Nazareno è stato possibile far avanzare la riforma del Senato. Intanto, sempre da Milano, il cavaliere (ancora con gli occhiali da sole per una ennesiva recidiva di uveite) allarga i confini e ammette che il patto del Nazareno, che in ogni caso garantisce la governabilità, sarà usato anche per la scelta del successore di Napolitano al Quirinale.
Ma le minoranze Pd, alla ricerca di una complessa unità, provano a compattarsi nelle critiche al Jobs act. Riunita a Milano l'Area riformista rivendica le concessioni ottenute con l'accordo fatto sul lavoro. Nessuno però ha apprezzato le critiche del segretario Fiom Maurizio Landini che ieri ha bollato l'intesa come «una presa in giro». «Offesa fuori luogo» ha commentato il capogruppo alla Camera Roberto Speranza, «battutaccia da palco» il ministro Maurizio Martina, «parole offensive che si poteva risparmiare» secondo l'ex segretario Cgil e Pd Guglielmo Epifani.
Sul lavoro, secondo Bersani, ci sono stati «passi significativi» anche se «l'approccio al tema non è stato corretto» con le chiusure iniziali del governo. E quindi adesso «rimettere il dentifricio nel tubetto è difficile». «Si è voluto dare l'idea che c'è un cavaliere, un paladino Orlando che affronta i mori conservatori, ma - osserva l'ex segretario - non ho mai visto un Parlamento così disponibile verso il governo, 28 fiducie, che arriveranno a una trentina in 8 mesi» ricorda Bersani davanti alla platea con il sottosegretario Luciano Pizzetti e ancora l'ex ministro Flavio Zanonato, Cesare Damiano, che parla di Area riformista come «una corrente, parola che non è una bestemmia».
Il partito, che non è venuto alla luce con la Leopolda, è nato «dall'incontro di culture riformiste, non fra modernizzatori e cavernicoli. E nessuno può permettersi di dar lezioni di innovazione alla sinistra di governo». La conclusione è che «il partito Democratico è casa nostra sul serio» e l'invito è a «cercare di lanciare un messaggio di unità». «Il tema della scissione non esiste proprio - aggiunge Speranza - Dobbiamo saper rafforzare il partito con un progetto collettivo. Le leadership non bastano. C'è bisogno di un dibattito vero».
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