«La situazione finanziaria della Regione è difficile. Ma non lo è più di quella di altre Regioni e perfino dello Stato. Il nuovo governo regionale deve quindi riconquistare credibilità e ottenere dallo Stato l’aiuto necessario a ripartire. Ma se il nuovo governo sarà solo un mercatino dell’usato, frutto di un rimpastino, allora il Pd farebbe bene a non starci»: Antonello Cracolici, leader dei cuperliani all’Ars, rilegge gli ultimi fatti che hanno portato alla crisi del Crocetta bis e prova a indicare la strada da seguire. Quali sono le prime emergenze che dovrà affrontare il nuovo governo? «Se guardiamo il Comune di Roma, notiamo che ha un deficit cinque o sei volte superiore al nostro. Il problema della Sicilia è la liquidità, anche a causa della crisi le entrate non coprono le uscite. Ma bisogna guardare anche altre facce del problema». Quali? «Lo Stato sta usando le autonomie locali per coprire i suoi buchi. Le nostra sanità costa 9 miliardi e lo Stato dovrebbe darcene quasi 5 ma poi, attraverso l’Irap che è una partita di giro e l’obbligo di accantonare somme, trattiene quasi 4 miliardi. Inoltre, noi siamo indietro nella spesa dei fondi europei ma lo Stato non ha rispettato i piani che prevedevano investimenti nazionali in infrastrutture». Un assessore all’Economia suggerito da Roma sarebbe la soluzione? «Roma sbaglia se ci mette troppo la faccia e la Sicilia sbaglia se consente di farlo. La Regione deve recuperare credibilità per poter affrontare tutti questi temi». Secondo lei il nuovo governo sta nascendo con queste premesse? «Finora siamo al decreto di azzeramento della giunta, a cui erano seguite dichiarazioni di Crocetta che sembravano un buon segno. Mi sembrava si volesse ripartire. Ma ora rivedo qualche incertezza. Ci sono troppi se e troppi ma. O c’è una svolta vera o non serve avere un assessore in più o in meno». L’idea di Crocetta di confermare alcuni degli uscenti non la convince? «Se il Pd l’accettasse, io sarai contrario. Serve un governo nuovo. Anche se la Borsellino è un caso diverso dagli altri perchè è stata indicata già in campagna elettorale. E poi sono convinto che non si debba rompere il rapporto con Confindustria, che deve anzi avere un ruolo sempre più attivo. Per il resto però non si può pensare a un governo in cui si rimpasta qualcosa». L’INTERVISTA INTEGRALE SUL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA