ROMA. La legge di stabilità si preannuncia come una vera e propria stangata per gli enti locali. Dai tagli a Regioni, Province e Comuni arriveranno infatti gran parte delle risorse necessarie per la copertura della manovra da oltre 20 miliardi che il governo sta affinando in queste ore. I capisaldi sono quelli annunciati da Matteo Renzi: conferma del bonus Irpef, riduzione del costo del lavoro attraverso l'Irap o la diminuzione dei contributi sociali a carico delle imprese, nuovi ammortizzatori del Jobs act, primi stanziamenti per la buona scuola. Misure a cui si aggiungono - sempre a livello macro - le cosiddette spese indifferibili (missioni di pace, autotrasporto, 5 per mille ecc...), la probabile conferma dei bonus ristrutturazioni, il credito d'imposta sulla ricerca, lo sblocco degli scatti dei contratti delle forze dell'ordine, le eredità del governo Letta per evitare un taglio lineare delle detrazioni fiscali e con ogni probabilità, come annunciato oggi dal premier, anche degli stanziamenti per Genova. Tutti interventi il cui peso finanziario complessivo oscilla tra i 20 e i 24 miliardi di euro. In vista della scadenza di mercoledì, i contatti, gli incontri e le valutazioni sono ancora in corso. Anche quella di ieri è stata una domenica di lavoro per Pier Carlo Padoan, appena rientrato da Washington e in partenza per Eurogruppo e Ecofin a Bruxelles. Secondo quanto finora stabilito, le coperture verranno distribuite quasi a metà tra l'utilizzo di risorse in deficit, per un massimo di 11,5 miliardi, ed una spending review da 10 miliardi. La revisione della spesa toccherà innanzitutto i ministeri, per circa 3-4 miliardi, ma ancora di più gli enti locali, dai quali potrebbe arrivare una consistente fetta di 5-6 miliardi. Il confronto tra governo e diretti interessati, Regioni, Province e Comuni, è costante e - a quanto si apprende - tra le amministrazioni locali si respirerebbe una certa amarezza. Solo i Comuni potrebbero infatti contare in una sorta di contropartita, rappresentata dall'allentamento del patto di stabilità interno per circa 1,5 miliardi. Niente in cambio sarebbe invece concesso alle Regioni che, di fronte ad un obiettivo di spesa obbligatoriamente ridotto, dovrebbero decidere in autonomia dove tagliare. Da qui il rischio che possa essere intaccata anche la sanità. Il governo ha assicurato che nella spending review "centralizzata" le prestazioni non saranno toccate. La sanità è però concretamente appaltata alle Regioni e non è quindi escluso che, dovendo tagliare, qualche risorsa sia poi attinta a livello locale anche da lì. In bilico restano infine anche le misure fortissimamente volute dal presidente del Consiglio: il Tfr da una parte e la tassa unica comunale dall'altra. Sul trattamento di fine rapporto il Tesoro ha già espresso le sue perplessità e sta valutando, come sottolineato dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, "una scelta ragionata". Anche la tassa unica sulla casa presenta peraltro delle complicazioni tecniche al momento ancora di difficile soluzione. L'idea sarebbe quindi quella di inserire i principi di massima nel testo che arriverà in cdm il 15, per poi definirne i contorni nel corso dell'iter parlamentare o in un provvedimento successivo, da varare nei primi mesi del 2015 e in cui inserire anche l'aliquota. Da decidere resta infine anche il destino della reverse charge sull'Iva, appeso alle decisioni dell'Europa. Il parere tecnico di Bruxelles è atteso in tempo utile per il varo della legge e, in termini di coperture, farà probabilmente la differenza una manovra da 21 miliardi ed una più cospicua da 24.