I Pip vogliono restare pubblici, il bonus è un flop: solo trenta accettano la «liquidazione»
PALERMO. Sul piatto c’erano 25 mila euro ma li hanno accettati in pochissimi. Sono solo 30 su circa tremila i Pip che hanno risposto al bando con cui la Regione offriva rapidamente due anni di sussidio in un’unica soluzione in cambio dell’uscita dal bacino garantito. Dunque, la maggior parte dei precari nati alla fine degli anni Novanta ha scelto di restare nell’orbita pubblica. Malgrado i rischi che la Regione ha già annunciato: finiti i soldi, non c’è certezza di un impiego nel 2015. La possibilità di ottenere 25 mila euro subito era prevista dalla Finanziaria ter approvata ai primi di agosto. Il termine per chiedere i soldi e uscire dal bacino garantito scadeva il 30 settembre e malgrado l’assessorato regionale al Lavoro, guidato da Giuseppe Bruno, abbia emesso un avviso pubblico la settimana scorsa per sollecitare le richieste, si sono fatti avanti solo in 30. Lo spirito della legge - aveva spiegato il dirigente del Lavoro, Dario Cartabellotta - era quello di dare liquidità per consentire ai precari di poter avviare un’attività in proprio. Allo stesso tempo la Regione avrebbe alleggerito il peso, non solo economico, del personale da mantenere. Ma l’operazione non ha avuto i numeri sperati e lo stesso assessore Bruno ha ammesso che ci si attendevano risultati di maggior peso. A questo punto quasi tutti i 3 mila Pip restano a carico della Regione. E da tempo i sindacati protestano contro il rischio che i finanziamenti non siano sufficienti a garantire lavoro e sussidi. «Bisogna evitare macelleria sociale e cannibalismo sociale - ha detto ieri Mimma Calabrò della Fisascat Cisl -. La Regione garantisca i finanziamenti per arrivare a fine anno e programmi anche l’impiego dell’anno prossimo».