Lunedì 23 Dicembre 2024

Direzione Pd, fallita la mediazione

ROMA. Forzando la sua natura, un po' per i consigli del Colle un po' per la posta in gioco davvero alta, Matteo Renzi tenta una doppia mediazione: apre alla concertazione con i sindacati, termine che per natura gli fa venire l'orticaria. E dà mandato a Lorenzo Guerini, apprezzato da tutti proprio per le sue doti diplomatiche, di trattare con la minoranza per un documento finale comune. La mediazione alla fine salta, le minoranze votano in ordine sparso ma per il premier nulla cambia: a questo punto, intesa o meno, la direzione ha deciso e "da oggi tutti dovranno adeguarsi". Il premier avrebbe tirato dritto, convinto che la sua ricetta sul lavoro è "l'unica della sinistra moderna" che dà e non toglie diritti. E che l'articolo 18 è già nei numeri un tabù ideologico da superare per un nuovo sistema di welfare che dia tutele crescenti ma diritti universali. Ma da più parti lo hanno invitato a cercare un'intesa anche per non sfaldare, per la prima volta nell'era Renzi, il Pd. Con un incontro in mattinata a Palazzo Chigi, il premier dà quindi mandato ai due vicesegretari Guerini e Deborah Serracchiani di cercare di agganciare la minoranza più riottosa, guidata da Gianni Cuperlo, Francesco Boccia e Stefano Fassina, facendo leva anche sulla sponda dei giovani turchi e dell'area dialogante che fa capo al capogruppo Roberto Speranza. E così mentre sul palco Renzi abbassa i toni rispetto agli ultimi giorni e concede la reintegra per i casi di discriminazione e disciplinari, nelle stanze al secondo piano del Nazareno si tratta. L'attacco durissimo di Massimo D'Alema e gli altolà di Pierluigi Bersani non aiutano certo il clima ma in realtà al vertice del Pd, nè tantomeno Renzi, nessuno si era illuso di riuscire a tenere insieme tutti. Meno che meno, maligna un renziano, "chi è sempre alla ricerca di una rivincita dopo le sconfitte e i danni che hanno fatto". Ma è sui casi in cui prevedere la reintegra che la mediazione è fallita: Renzi è pronto a concedere la reintegrazione per i licenziamenti disciplinari ma non per quelli dovuti a motivi economici. "Il Pd si candida a rappresentare anche imprenditori e non solo operai. Se gli imprenditori del nord est che prima votavano centro-destra hanno votato per noi è perchè abbiamo regalato a loro e ai loro figli la parola 'opportunità", è la linea del leader Pd che ha ben presente da dove arriva una buona fetta del consenso delle europee. E che non ha alcuna intenzione di spingere, come dice nel suo intervento, a fare "zapping" alle prossime elezioni, tardi o presto che siano. Alla fine, come previsto, il Pd si spacca. E tutta la distanza tra Renzi e la minoranza sta in quel "voi" con cui il leader Pd si rivolge alla sinistra. "Potete dire che e' un errore, che non siete d'accordo, che non ci votate. Ma non riconoscere che c'è un disegno unitario dentro il governo è una cosa che appartiene" ai poteri forti, che oggi il premier ribattezza "aristocrazia". Adesso per il premier il tempo delle mediazioni è finito. "Se pensano che mi faccio spaventare si sbagliano di grosso", tira dritto il leader Pd davanti ad una minoranza che alla prova finale si è anche divisa.

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