Lunedì 23 Dicembre 2024

Vendita delle cliniche private, retromarcia della Regione

PALERMO. Retromarcia della Regione sullo stop alla libera vendita di case di cura e altri centri privati che lavorano in convenzione col servizio pubblico. Il decreto con cui l’assessorato alla Sanità ha provato a mettere un freno alle cessioni di cliniche e laboratori privati (o di quote di questi) era stato varato a metà febbraio e aveva scatenato uno scontro giudiziario con l’Aiop e le altre associazioni degli specialisti convenzionati, in primis Confcommercio sanità.
Dopo il primo round al Tar, il governo ha annunciato di voler ritirare il provvedimento per riscriverlo. Dunque, almeno fino ai primi di luglio, tornano in vigore tutte le vecchie regole per chi vuole cedere o acquistare centri privati o quote di questi.
L’Aiop, l’associazione che raggruppa i titolari di case di cura, guidata da Barbara Cittadini ha impugnato il provvedimento perchè - spiega l’avvocato Carlo Comandè - dettava norme che provocavano un’ingerenza della Regione in materie già regolate dal codice civile.
Il provvedimento varato a febbraio prevedeva infatti di impedire la libera vendita di un centro privato e del relativo accreditamento (cioè della «patente» che la Regione assegna per svolgere prestazioni finanziate dal servizio pubblico): per vendere o acquistare, in base al decreto, doveva intervenire una preventiva autorizzazione dell’assessorato regionale alla Sanità che a sua volta avrebbe dovuto prima valutare «la titolarità e moralità dell’acquirente» e il mantenimento dell’idoneità della struttura dal punto di vista tecnologico e dei livelli occupazionali.
Ma proprio su queste aspetto è incentrato il ricorso dell’Aiop, che punta a dimostrare una sostanziale illegittima limitazione della libertà di iniziativa economica: «Non si può subordinare - spiega l’avvocato Comandè - la cessione della titolarità di un centro privato o di quote di esso alla preventiva autorizzazione dell’assessorato, volta a confermare o meno l’accreditamento». L’Aiop ha contestato anche un passaggio formale: «Un provvedimento simile andrebbe varato con decreto del presidente della Regione da sottoporre a valutazione del Consiglio di giustizia amministrativa, e non invece con un semplice decreto assessoriale».
Da qui lo scontro giudiziario, che però è stato di fatto interrotto dalla comunicazione dell’Avvocatura dello Stato (difensore dell’assessorato) che ha comunicato appunto l’intenzione di ritirare in autotutela il provvedimento contestato: «Stiamo valutando alcune modifiche - ha confermato Ignazio Tozzo, dirigente dell’assessorato - per eliminare alcuni aspetti del decreto che risultano eccessivamente restrittivi. Riscriveremo il provvedimento prendendo in considerazione le obiezioni sollevate dalle associazioni di categoria ma facendo salvo il principio ispiratore che è quello di tenere sotto controllo il fenomeno delle vendite di centri privati».
Il decreto era stato firmato quando l’assessorato guidato da Lucia Borsellino aveva segnalato a Crocetta un’impennata di vendite o ingressi di altri soci nella proprietà di cliniche e laboratori. Da qui il tentativo di frenare quello che alla Regione hanno individuato come un nuovo business nella sanità.
Ma ora scatta la retromarcia. «Siamo molto soddisfatti - afferma Barbara Cittadini - per l’intenzione, espressa dall’assessorato, di valutare la possibilità di ritirare in "autotutela" il provvedimento sul trasferimento della titolarità delle autorizzazioni e degli accreditamenti delle case di cura. Un provvedimento emanato nonostante avessimo manifestato non poche perplessità in merito alla sua legittimità, visto che limita in maniera inaccettabile la libera iniziativa privata, tutelata dalla legge, e che non trova peraltro precedenti nelle altre regioni d'Italia. Si tratta di un decreto in contrasto anche con la normativa relativa alla voltura dell'autorizzazione e dell'accreditamento».

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