Semplicemente disarmante. Non c’è altra definizione per la situazione che si sta determinando al crepuscolo della legislatura alla Regione. La Ue ha impugnato un blocco di spese per seicento milioni e minaccia di bloccare altri stanziamenti per oltre sei miliardi. Il motivo? Gli appalti sono stati assegnati in maniera irregolare.
E l’amministrazione non ha effettuato i controlli con la dovuta attenzione. Una contestazione che ripropone il tema sull’ inefficienza degli uffici. Ma stavolta il problema è molto più grave. Non soltanto la consueta pigrizia che mette a rischio i fondi in arrivo da Bruxelles. Ora la bocciatura è radicale perché si tratta di somme spese irregolarmente che adesso la Ue rivuole indietro. Gli uffici si difendono sostenendo che non c’è ancora nulla di definitivo perché Palermo si prepara a rispondere ai rilievi giunti da Bruxelles. Speriamo, ovviamente, che alla fine l’amministrazione riesca a dimostrare la sua buona fede. Qualche dubbio, però, è lecito. Già la relazione della Corte dei Conti avanzava forti perplessità sulla regolarità delle procedure di spesa dei fondi europei. Adesso è arrivata la mazzata. I dubbi della Ue, per una volta, non sono concentrati sulla quantità della spesa (costantemente giudicata insufficiente) ma sulla qualità. Insomma la Sicilia spende poco e male i soldi che arrivano dall’Europa. Fra l’altro mettendo a rischio le successive erogazioni. Un danno enorme considerando che, ormai, i finanziamenti comunitari sono gli unici disponibili per investimenti. Ma sono anche gli ultimi considerando che, dall’anno prossimo, la Sicilia uscirà dall’elenco delle aree disagiate. Un vero disastro di cui la burocrazia è l’unica responsabile. Per la sua inefficienza e la sua incapacità. A pagare il conto, però, non saranno certo gli uffici. L’intangibilità del posto fisso mette chi ha sbagliato al riparo da qualunque sanzione. Continueranno ad andare avanti e a percepire uno stipendio, a questo punto, palesemente immeritato. Nessuno, però, che interviene. La politica è impegnata nella preparazione del voto e nell’alimentare le clientele. Gli unici senza difesa sono le imprese siciliane e tutto il sistema economico costretto a pagare i costi di una casta tanto costosa quanto incompetente.