Battere qualsiasi strada per liberare Cecilia Sala è l’imperativo del governo fin dal suo arresto lo scorso 19 dicembre in Iran, dove da allora è detenuta nel carcere di Evin. È per questo qualsiasi ipotesi viene vagliata, compresa quella di uno scambio triangolare come già avvenuto in diversi altri casi: la liberazione di prigionieri iraniani in altri Paesi, che potrebbero rientrare a Teheran solo dopo la liberazione della reporter romana. Un’operazione che potrebbe riuscire però solo grazie all’intervento degli Stati Uniti.
Intanto l’altro prigioniero coinvolto in questa vicenda, Mohammad Abedini Najafabadi - il cittadino iraniano bloccato il 16 dicembre scorso su ordine della giustizia americana all’aeroporto milanese di Malpensa - fa la sua prima mossa legale: nei primi giorni della prossima settimana il suo avvocato farà istanza per chiedere gli arresti domiciliari. Il tutto in attesa di nuovi sviluppi nella trattativa segreta che coinvolge Italia, Iran e Usa. Sembra quasi certo che l’arresto di Cecilia Sala (entrata nel Paese con un regolare visto giornalistico) rappresenti una sorta di ritorsione per la cattura italiana di Abedini e nonostante le richieste di Teheran per un suo rientro attraverso uno scambio con la reporter, questa opzione resta al momento bloccata. Le accuse americane contro Abedini sono gravi (cospirazione e supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica): è forte l’esigenza americana di processare il 38enne davanti a una propria corte e Washington ha già consegnato alla Farnesina la documentazione con la richiesta di estradizione. I tempi per un suo trasferimento non sono brevi, ci vorrà almeno un mese, e di mezzo c’è anche la visita a Roma del presidente statunitense uscente Joe Biden, che incontrerà il Papa in Vaticano il 10 gennaio prossimo.
Nulla è scontato in questa vicenda. Sul fermo di Abedini la Procura milanese ha acceso un faro avviando una indagine a modello 45, ossia senza ipotesi di reato e indagati. Un fascicolo, al momento, di natura conoscitiva e che riguarda le procedure, i tempi ravvicinati tra la emissione del mandato di arresto e il fermo dell’uomo avvenuto nel giro di meno di tre giorni: se il fermo fosse dichiarato illegittimo si complicherebbe la strada dell’estradizione rendendo, di contro, più agevole quella diplomatica per una sorta di scambio con Sala.
Sulla liberazione della giornalista si moltiplicano gli appelli e gli Stati Uniti chiedono all’Iran il «rilascio immediato e incondizionato» di tutti i detenuti senza giusta causa, inclusa Cecilia Sala, secondo quanto afferma un portavoce del Dipartimento di Stato. «Sfortunatamente il regime iraniano continua a detenere ingiustamente i cittadini di molti Paesi, spesso per utilizzarli come leva politica. Non c’è giustificazione e dovrebbero essere rilasciati immediatamente», ha aggiunto osservando che «i giornalisti svolgono un lavoro fondamentale per informare il pubblico, spesso in condizioni pericolose e devono essere protetti». Gli Stati Uniti sono «in frequente contatto con gli alleati e i partner i cui cittadini sono ingiustamente detenuti», ha messo in evidenza.
In queste ore è intervenuto anche il vice premier Matteo Salvini: «Spero nel ritorno a casa di Cecilia Sala e conto che possa tornare presto dalla sua famiglia».
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