Il primo è Matteo Salvini. A congratularsi, a sperare in un «ritorno della pace». E anche a ricordare che è lui l’unico ad essersi dichiarato pubblicamente fin dall’inizio trumpiano doc (“altri nel centrodestra la pensavano in modo diverso, è evidente”) . Toni ben lontani da quelli, molto istituzionali, con cui Giorgia Meloni saluta la vittoria di Donald Trump. Attesa e anche un pò temuta, ai piani alti del governo, per quel cambio di strategia in politica estera, e commerciale, che potrebbe materializzarsi con il ritorno in sella del tycoon. Con ripercussioni nei rapporti tra Stati Uniti e Unione europea, e, a cascata, sugli interessi italiani. I dazi, i conflitti, e il ruolo che dovrebbe giocare la Ue sono le grandi questioni che agitano in modo trasversale anche il centrosinistra, tra il Pd che parla di «brutta notizia» e il Movimento Cinque Stelle che si augura ora, con Trump, la «fine delle guerre». Come la Lega. Sarà l’Ucraina, appunto, il primo banco di prova, di tenuta del fronte internazionale pro-Kiev ma anche degli equilibri interni: un nuovo invio di armi, il decimo, sarebbe già sul tavolo ma a fine anno scade il decreto legge che fa da cornice agli aiuti militari. L’intenzione sarebbe quella di rinnovarlo, anche perché, sottolineano dall’esecutivo, la posizione italiana ed europea rimane quella di un sostegno incondizionato a Volodymyr Zelensky. Almeno fino all’insediamento di Trump fra un paio di mesi, si ragiona tra i meloniani, niente cambierà. Poi bisognerà vedere se il nuovo inquilino della Casa Bianca spingerà per una chiusura rapida del conflitto e convincerà le parti a sedersi al tavolo. Il passaggio parlamentare, però, si preannuncia già delicato, come lascia intendere il leader leghista - che si presenta in Parlamento con la cravatta rosso-conservatore: «l’Ucraina l’abbiamo sempre aiutata e sempre l’aiuteremo» ma, mette le mani avanti Salvini, Trump porterà la pace quindi non ci sarà «bisogno di undicesimi, dodicesimi o tredicesimi pacchetti». Nel frattempo però bisognerà porsi anche, come avvisa Guido Crosetto, il tema della difesa: «Dovremo prenderci in carico la nostra parte di Difesa, nazionale, in primis, e collettiva“ ribadisce il ministro che da mesi predica la necessità di meglio attrezzarsi, con un aumento delle spese che avvicini al target del 2% chiesto dalla Nato, ma anche dando concretezza al progetto di difesa comune per controbilanciare con un «pilastro europeo il pilastro americano» dell’Alleanza atlantica, come spiega Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri si dice «convinto» che si lavorerà “bene» con la nuova amministrazione come accaduto finora con Joe Biden. Anche meglio, sono sicuri i meloniani, ora che oltreoceano ci sarà un governo conservatore con cui in modo “naturale» la premier potrà porsi come «ponte», anche nei confronti dei rapporti con Bruxelles. Il governo, uno dei ragionamenti che si fa nelle file dell’esecutivo, finora ha mantenuto una naturale convergenza con i rappresentanti dem, con i conservatori (e forti anche di rapporti stretti come quello di Meloni con Elon Musk) non potrà che essere più facile. Nonostante la delicatezza dei dossier, sottolineano a Palazzo Chigi, «si troverà la sintesi». Sergio Mattarella nel fare gli auguri a Trump, ricorda che Roma ha la ferma volontà di lavorare d’intesa con Washington. E la premier nel suo messaggio di «sincere congratulazioni», rimarca che Italia e Usa «sono nazioni sorelle legate da una alleanza incrollabile», un legame «strategico che sono certa ora rafforzeremo». «Chi oggi lo festeggia per ragioni di bandiera smetterà presto» davanti agli effetti di una nuova politica protezionistica», è il commento di Elly Schlein a quella che per la dem è «una brutta notizia per l’Europa e per l’Italia». La segretaria del Pd medita a lungo la sua risposta, che arriva solo a metà pomeriggio, mentre Giuseppe Conte non perde tempo e facendo, a differenza di Schlein, gli «auguri di buon lavoro» a Trump mette in cima alle «sfide» quella di «fermare le guerre in corso», insieme all’auspicio di un nuovo multilateralismo e di regole «eque per il commercio». Più aspro il commento degli europarlamentari M5s: «La vittoria di Trump è innanzitutto una lezione per tutti i finti progressisti, liberisti e globalisti che hanno ammainato la bandiera della pace».