Da una parte la conta dei morti che continua a salire, dall’altra un’ondata impressionante di solidarietà. Le proporzioni dell’alluvione che ha colpito Valencia e altri punti della Spagna assumono contorni sempre più drammatici, con 205 vittime già confermate e un numero di dispersi ancora imprecisato mentre le ricerche proseguono senza tregua. Ma intanto si moltiplicano anche le necessità urgenti dei sopravvissuti, con migliaia di persone rimaste ormai da giorni senza luce e accesso all’acqua potabile e con pochissimo cibo. Così come le mostre di buona volontà da parte di molti cittadini disposti a sfidare il mare di fango nelle aree alluvionate per portare aiuti e conforto a chi ne ha bisogno. L’allerta meteo per l’infernale «Dana» attiva da giorni, intanto, non è ancora finita, come ha di nuovo ribadito nelle ultime ore il premier Pedro Sánchez. Dopo le inondazioni di strade e cale nella provincia andalusa di Huelva della notte tra giovedì e venerdì, l’allerta si è spostata in particolare alle Baleari. «Serve molta precauzione», hanno avvertito sui social le autorità locali. «Per fortuna la gente sta ascoltando gli avvisi e non sta andando in strada», ha raccontato un responsabile di polizia della zona al giornale Ultima Hora. A Valencia, intanto, è aumentato il contingente militare destinato alla zona per assistere le popolazioni in difficoltà (con già oltre 1.700 effettivi sul terreno). E mentre le autorità si affannavano nel provare a tranquillizzare i tanti alluvionati che denunciano di non esser stati ancora soccorsi, a tentare di metterci una pezza sono stati anche migliaia di volontari. Un’enorme fiumana di persone armate di pale, scope, bottiglie d’acqua e viveri incamminatasi a piedi dal centro città verso le località dell’hinterland diventate epicentro della tragedia. Così grande da diventare addirittura ingestibile per chi è già alle prese con un numero senza fine di problemi da risolvere. «Il traffico sta andando al collasso e i servizi d’emergenza non riescono a passare», ha spiegato il governatore valenciano Carlos Mazón, «vi chiedo di tornare a casa». Una delle preoccupazioni principali resta quella di rintracciare chi manca all’appello. Perché in molte delle aree più distrutte la situazione è ancora di totale caos, con melma e sporcizia dappertutto, strade bloccate e macchine accatastate. E sono diversi i punti in cui si teme possano esserci cadaveri non ancora recuperati. «Abbiamo lavorato tutta la notte in un tunnel, lungo l’arteria che va da Alfafar e Benetuser», ha raccontato un pompiere, «era totalmente allagato, ora è completamente ripulito dall’acqua. Dentro ci sono circa 30, 40 macchine con diverse vittime al loro interno». Un altro problema è poi quello di ripristinare il prima possibile la rete stradale e i servizi di trasporto pubblico. «Oltre 80 km di rete stradale è stata danneggiata e la priorità è riattivare con urgenza l’autostrada A7 interrotta e impossibile da percorrere», ha spiegato il ministro dei Trasporti, Óscar Puente. Mentre per i treni regionali, dopo la distruzione di 3 delle 5 linee ferroviarie nella catastrofe, «ci vorranno mesi per essere di nuovo completamente operativi». Sul fronte politico, mentre governo nazionale e autorità regionali provano a rafforzare ulteriormente un’immagine di unità nella gestione dell’emergenza, risuonano nuovi attacchi verso la squadra del premier Sánchez da parte dell’opposizione. Dopo il popolare Alberto Núñez Feijóo, l’affondo è arrivato dal leader di Vox Santiago Abascal. «È sempre il popolo spagnolo a reagire in maniera esemplare. E mentre ciò accade, Sánchez lascia l’esercito nelle caserme per interessi politici», ha scritto su X denunciando una presunta insufficienza di mezzi dispiegati sul terreno.