Yahya Sinwa, leader di Hamas, è stato ucciso da Israele in un raid nella Striscia di Gaza. Secondo fonti israeliane è morto durante un attacco su un edificio di Rafah, nel Sud della Striscia. I test del dna e quelli condotti sui denti del cadavere hanno confermato l’identità di uno dei terroristi uccisi in un’operazione dell’Idf.
Per Sinwar, architetto e responsabile numero uno di quel sabato nero in cui furono massacrati più di 1.400 israeliani, sono stati usati tanti aggettivi: crudele, carismatico, manipolatore, influente. Un insieme di caratteristiche esplosive miscelate nella mente di un uomo rimasto in un carcere israeliano per 22 anni dopo una condanna a diversi ergastoli per l’omicidio di tre soldati dell’Idf e 12 palestinesi sospettati di collaborare con lo Stato ebraico. Di lui si ricordano bene gli agenti dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano, che lo interrogarono verso la fine degli anni ‘80: “Con spavalderia si prese la responsabilità della punizione inflitta a un sospetto informatore. Ha convocato il fratello dell’uomo, un membro di Hamas, e lo ha costretto a seppellirlo vivo buttandogli addosso terra e terra fino a che non è soffocato. Questo è Yahya Sinwar».
Nel 2006 uscì dal carcere con altri mille detenuti palestinesi in cambio del rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit, prigioniero di Hamas a Gaza per oltre 5 anni. Quegli anni in cella li aveva impiegati per studiare il nemico, imparando l’ebraico e leggendo tutti i libri a disposizione sui padri di Israele, da Vladimir Jabotinsky a Menachem Begin, a Yitzhak Rabin. Tornato libero, dichiarò in tv: «Sappiamo che Israele dispone di 200 testate nucleari e della forza aerea più avanzata della regione. Noi non abbiamo la capacità di smantellare Israele». Era un inganno. Mostrarsi deboli per spostare l’attenzione da sé e colpire al momento giusto. Missione che molti gli riconoscono purtroppo di aver compiuto.
Cresciuto nella zona più derelitta di Gaza, a Khan Younis, era comparso sulla scena politica con i suoi consigli dal terreno al fondatore di Hamas, il famigerato sceicco Ahmed Yassin, anche lui alla fine eliminato da Israele. Nel 2017 fu eletto leader del gruppo per tutta Gaza, sostituendo Ismail Haniyeh, secondo alcuni ‘promossò a fare il capo di Hamas all’estero, in Qatar. In realtà semplicemente tolto di mezzo. Poi Sinwar, detto Abu Ibrahim, fu rieletto nel 2021. I metodi violenti contro oppositori e spie palestinesi hanno contribuito a farne un leader di spicco, tanto amato dalla sua gente quanto temuto. L’intelligence israeliana ne ha più volte ricordato il popolare soprannome a Gaza: ‘il macellaio di Khan Yunis’, di cui gli stessi membri di Hamas avevano paura.
La sua ascesa all’interno del gruppo dirigente di Gaza si è basata proprio su una reputazione di spietatezza e violenza, che ha attecchito tra i ranghi più alti della fazione. Dopo il 7 ottobre, il capo di Stato maggiore israeliano Herzi Halevi aveva avvertito: «Questo attacco atroce è stato orchestrato da Yahya Sinwar. Lui e i suoi uomini sono già morti». Anche Benyamin Netanyahu lo aveva definito «un morto che cammina», paragonandolo a «un piccolo Hitler». Dopo oltre un anno passato a nascondersi come un fantasma tra i tunnel di Gaza, quelle profezie si sono finalmente avverate a Rafah.
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