Tra morti e feriti più di dieci soldati israeliani sono caduti vittime della tela del ragno, per anni tessuta nel sud del Libano da Hezbollah per resistere all’invasione di terra israeliana, la prima dopo 18 anni e dopo un’occupazione militare durata 22 anni fino al 2000. Hezbollah prova a rialzare la testa dopo l’impressionante serie di sconfitte subite in appena due settimane. E lo fa sfidando il nemico in casa, attirandolo sul terreno prediletto e originario del partito armato: la guerriglia mordi-e-fuggi da botole collegate a tunnel sotterranei, agguati nella boscaglia e tra le macerie delle case civili sistematicamente rase al suolo dall’artiglieria e dall’aviazione di Israele.
Tv libanesi hanno mostrato immagini, riprese da Hezbollah, di elicotteri israeliani impegnati a recuperare, in territorio libanese, alcuni dei soldati feriti. Altri elicotteri israeliani, secondo i media panarabi, sono stati presi di mira da missili terra-aria dei combattenti libanesi e sono stati costretti a tornare verso sud. E Hezbollah ha affermato di aver colpito tre carri armati Merkava a Marun ar Ras. Dal canto suo, l’esercito israeliano ha ammesso l’uccisione di otto soldati e di altri feriti nel sud del Libano. Si tratta dei primi militari caduti da quando, tra lunedì e martedì, sono cominciate le prime operazioni di terra di Israele.
Gli scontri più sanguinosi si sono avuti ad Adaisse, Marun ar Ras e Yarun, tre località nel settore centro-orientale della linea di demarcazione tra i due Paesi, lì dove Israele sta saggiando il livello della resistenza di Hezbollah. Il Partito di Dio, dal canto suo, ha ripreso a colpire le postazioni israeliane oltre la linea blu. Le sirene sono suonate non solo negli insediamenti dell’Alta Galilea e sul Golan ma anche a Safed e ad Acri, nella profondità territoriale del nord di Israele.
Dalle prime ore del giorno, Israele era tornato a bombardare Beirut, colpendo i quartieri di Hadath e il sobborgo meridionale di Choueifat. Intensi raid sono proseguiti nella valle della Bekaa, al confine con la Siria e nel sud del Libano. Nella periferia sud di Beirut Hezbollah ha organizzato un tour per giornalisti. Il portavoce Muhammad Nabulsi ha affermato che i pesanti bombardamenti israeliani sulla capitale hanno colpito palazzi abitati da civili e non depositi di armi.
Intanto il ministero della Salute libanese ha reso noto che nelle ultime 24 ore sono state uccise 55 persone e che altre 56 sono state ferite. Ma il bilancio non distingue tra civili e forze di Hezbollah. Così come l’Idf ha fatto sapere che oltre 240 razzi sono stati sparati oggi dal Libano verso il nord di Israele. Testimoni oculari, citati dai media libanesi, hanno però documentato il duplice bombardamento israeliano su una clinica sanitaria ad Aitarun, nel distretto di Bint Jbeil, dove sono morti sei tra infermieri e soccorritori. Il primo raid ha attirato l’arrivo di ambulanze e il secondo attacco ha causato vittime anche tra chi era corso sul posto.
E mentre la diplomazia occidentale spinge per un cessate il fuoco, i tre principali leader politico-confessionali libanesi - il premier Najib Miqati, il presidente del parlamento Nabih Berri e il leader druso Walid Jumblat - si sono incontrati per discutere della situazione in corso. Anche perché l’emergenza umanitaria si fa di ora in ora più grave: il governo di Beirut afferma che gli sfollati sono in tutto un milione e 200mila. Fonti mediche sul terreno ridimensionano le cifre e parlano di 700mila persone. E prosegue l’esodo disperato di famiglie verso la Siria, Paese martoriato da più di 13 anni di guerra. Secondo le autorità libanesi, in una settimana soltanto, dal 23 al 30 settembre, quasi 250mila siriani e 76mila libanesi si sono rifugiati oltre confine. Proprio nella capitale siriana Damasco, un raid aereo attribuito a Israele ha colpito un palazzo nel quartiere residenziale di Mezze, uccidendo due persone, in quello che sembra l’ennesimo tentativo di eliminare membri di rango di Hezbollah.
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