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Usa, donatori in fuga e Obama in silenzio: assedio a Biden, congelati i finanziamenti alla sua campagna elettorale

Per il 67 per cento degli americani il presidente deve lasciare la corsa alla Casa Bianca, consiglieri al lavoro per convincerlo

Assedio a Joe Biden. Nel giorno della cruciale conferenza stampa di chiusura del vertice Nato, il presidente continua a incassare un colpo dietro l’altro. I donatori hanno praticamente congelato i finanziamenti alla sua campagna elettorale e anche il leader dei democratici in Senato Chuck Schumer sarebbe pronto a scaricarlo. Il colpo più difficile da digerire è arrivato però dal suo ex capo: Barack Obama, secondo quanto riportato da Politico, sapeva dell’editoriale di George Clooney sul New York Times e, pur non favorendolo, non si è opposto.

Impegnato per tutta la giornata nei lavori del vertice per il 75mo anniversario dell’Alleanza atlantica, Biden ha ostentato sorrisi e sicurezza davanti alle telecamere, consapevole di essere l’osservato speciale e che i riflettori erano tutti puntati su di lui. Ma dietro le quinte non può nascondersi la realtà ben più dura e una situazione che rischia di precipitare nei prossimi giorni, forse durante la convention repubblicana che si apre il 15 luglio. Pur se l’ultimo sondaggio di Abc-Ipsos-Washington Post lo indica testa a testa con Donald Trump nel voto popolare nonostante la disastrosa performance al dibattito, la rilevazione gli invia un messaggio chiaro: il 67% degli americani ritiene che dovrebbe ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca, e l’85% lo ritiene troppo anziano per un secondo mandato.

A credere che la strada per la vittoria si stia stringendo a tal punto da diventare impraticabile è un gruppo di suoi consiglieri di vecchia data, impegnati da giorni a valutare come convincere il presidente a fare quel passo indietro che molti, anche all’interno del suo stesso partito, gli chiedono. L’ostacolo maggiore che si trovano ad affrontare nel definire la strategia - riporta il New York Times - è come convincerlo che non può battere Trump, mentre qualcun altro potrebbe farlo. Biden è infatti sicuro di essere l’unico in grado di vincere contro l’ex presidente e lo ha ripetuto in tutti contatti avuti per rassicurare il partito. In Congresso però le sue rassicurazioni non hanno sortito effetto. Dieci deputati e un senatore dem hanno chiesto pubblicamente un passo indietro. «Il confronto interno sul futuro di Biden prosegue», ha ammesso candidamente il leader dei deputati alla Camera Hakeem Jeffries, evitando però di entrare nei dettagli. Anche in Senato, dove Biden si sente a casa per i lunghi anni che vi ha trascorso, il fronte inizia a sgretolarsi: Peter Welch è il primo senatore democratico a uscire allo scoperto e chiedere Biden di ritirarsi «per il bene del Paese». Sarebbe pronto a scaricarlo anche Schumer. Secondo indiscrezioni, il leader del Partito dell’Asinello alla Camera alta ha segnalato in privato ai donatori di essere aperto a un ticket presidenziale non guidato da Biden.

Proprio i finanziatori potrebbero giocare un ruolo di primo piano, privando il presidente della linfa vitale per proseguire. E in questa direzione sembrano indirizzati. Da Hollywood a Wall Street, gran parte dei donatori della sua campagna ha congelato i fondi temendo di versare denaro per una causa persa. «E’ un disastro», ha detto una fonte a Nbc riferendo del rallentamento dei fondi e dell’attesa di una frenata ancora più forte. Di fronte all’aumento della pressione, la campagna del presidente ha iniziato in segreto a effettuare sondaggi fra gli elettori sulla vicepresidente Kamala Harris per capirne i suoi punti di forza e la sua eventuale performance con Trump. Anche se pubblicamente lei si dice convinta che Biden è e resterà il candidato e che una strada per la vittoria esiste e passa per Pennsylvania, Michigan e Wisconsin.

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