«Konechno Ukraina» , ovviamente l’Ucraina: così, con un sorriso e una battuta telegrafica, il capo del Consiglio di Sicurezza russo Nikolai Patrushev ha risposto ai giornalisti che lo hanno intercettato chiedendogli se della strage al Crocus City Hall fosse responsabile «l’Isis o l’Ucraina».
Non più dunque l’evocazione vaga di una colpevolezza di Kiev, suggerita nei due interventi di Vladimir Putin degli ultimi giorni, ma un’accusa diretta.
Confermata poche ore dopo dal capo dei servizi d’intelligence interna (Fsb) Alexander Bortnikov, che ha accennato anche a un possibile coinvolgimento degli Usa e della Gran Bretagna, per poi aggiungere che Mosca risponderà con una «rappresaglia».
Putin aveva detto lunedì sera che l’attacco alla sala da concerti, costato 139 morti e 180 feriti, era stato compiuto da «estremisti islamici». Ma aveva avvertito che l’inchiesta sarebbe continuata per scovare i «mandanti», puntando il dito proprio contro l’Ucraina, dove secondo lui erano diretti i quattro terroristi accusati di essere gli autori materiali del massacro.
A riaffermarlo è stato oggi Bortnikov, secondo il quale per loro a Kiev era pronta una accoglienza da «eroi». Una versione che sembra cozzare con quella del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, secondo il quale i quattro presunti autori della strage si sono diretti in un primo momento verso il confine con il suo Paese.
Lukashenko ha raccontato infatti che i terroristi, arrivati nella regione russa di Bryansk, «hanno capito che era impossibile entrare in Bielorussia» per i posti di blocco subito istituiti d’accordo con Putin e perciò «hanno cambiato strada e si sono diretti al confine russo-ucraino».
Al di là dell’evidente contraddizione tra le due versioni, Kiev ha nuovamente respinto le accuse, alle quali si è aggiunta quella rivolta da Bortnikov all’Ucraina di addestrare «nazionalisti, mercenari e islamisti in Medio Oriente» per poi farli «combattere contro la Russia».
«Dopo la menzogna di Putin», ora «le menzogne vengono ufficialmente diffuse da Patrushev e poi dal capo dell’Fsb Bortnikov», ha scritto su X il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak. Mentre il presidente Volodymyr Zelensky ha definito il suo omologo russo «una creatura malata e cinica» perché «nella sua mente tutti sono terroristi tranne lui».
Da parte sua, il ministro degli Esteri britannico David Cameron ha parlato di «accuse insensate“
da parte di Mosca ribadendo che Londra e Washington ritengono l’Isis «unico responsabile» dell’attentato.
L’Fsb tuttavia ha insistito, affermando che gli interrogatori degli arrestati «confermano la pista ucraina».
Quanto all’eventuale rappresaglia, i giornalisti hanno chiesto a Bortnikov se potrebbe essere preso di mira anche il capo dei servizi segreti militari ucraini, Kirylo Budanov.
È un obiettivo legittimo per le forze militari russe, «così come ognuno che perpetra crimini contro la Russia», ha risposto il capo dell’Fsb. Di tutt’altro tono le affermazioni del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo il quale è ancora presto per parlare di quale sarà la reazione della Russia se sarà provata la partecipazione dell’Ucraina nell’attacco.
«Un’inchiesta è in corso, non sarebbe corretto fare speculazioni ipotetiche in questo momento», ha detto il portavoce.
Sul fronte dell’inchiesta, la Corte di Mosca che si occupa del caso ha tramutato in arresto il fermo di un ottavo sospetto. Si tratta di Alisher Kasimov, originario del Kirghizistan ma cittadino russo.
L’uomo è accusato di avere affittato un appartamento ai presunti terroristi, ma lui ha detto di averlo fatto senza sapere di chi si trattasse. In precedenza erano stati confermati gli arresti dei quattro presunti esecutori, tutti tagiki, e di altri tre uomini, anch’essi di origine tagika.
La stessa Corte ha emesso un ordine d’arresto con l’accusa di terrorismo nei confronti del capo dei servizi segreti ucraini (Sbu), Vasily Malyuk, ma il provvedimento non è legato all’inchiesta sulla strage. Ieri in un’intervista Malyuk aveva fornito dettagli sulle uccisioni in Russia del politico ucraino filorusso Illia Kyva, il cui corpo senza vita è stato trovato nel dicembre del 2023 alla periferia di Mosca, e del blogger russo anti-ucraino Vladlen Tatarsky, morto nell’aprile dello stesso anno in un caffè di San Pietroburgo nell’esplosione di una statuetta consegnatagli da una giovane, condannata a 27 anni di reclusione.
L’Fsb ha infine dichiarato che un cittadino appartenente a un gruppo filo-ucraino, il Corpo dei volontari russi, è morto nell’esplosione di un ordigno che portava con sé durante il suo arresto nella regione di Samara, mentre stava pianificando un attentato.
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