Domenica 22 Dicembre 2024

L'Isis-K e il sogno del Califfato che minaccia Mosca

Mentre Mosca insiste nel puntare il dito contro Kiev, l’Isis continua ad attribuirsi la responsabilità della strage al Crocus City Hall di Mosca, indicando che sono suoi i quattro terroristi che hanno sparato nella sala da concerto e pubblicandone anche le foto. Una rivendicazione che trova riscontro dagli Stati Uniti, che affermano di aver avvertito la Russia a inizio mese del rischio di attacchi da parte dell’Isis-K, il ramo afghano dello Stato islamico, mentre fonti di intelligence hanno riferito di aver ricevuto segnali di possibili attacchi «già da novembre». Conosciuto anche come Stato islamico del Khorasan (Iskp), il gruppo è attivo già dal 2014, formatosi da membri di gruppi militanti, compresi quelli del Pakistan e dell’Uzbekistan. L’organizzazione è attiva in Asia centrale: il nome Khorasan si traduce in ‘la terra del solè e si riferisce a una regione storica che comprende parti dell’Afghanistan, del Pakistan e anche dell’Iran, dove a gennaio il gruppo ha effettuato due attentati che hanno ucciso quasi 100 persone. Una dimostrazione di forza, brutalità e di inclinazione ad azioni spettacolari. L’Isis-K si pone come obiettivo la fondazione di un nuovo califfato che riunisca Afghanistan, Pakistan, Iran, ma non solo: nella loro visione rientrano infatti alcune ex repubbliche sovietiche, come il Turkmenistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan. Una chiara minaccia per la Russia, che non dimentica le ribellioni islamiste nel Caucaso settentrionale e la lunga serie di sanguinosi attentati che fecero stragi di civili in varie città russe, compresa la capitale. «L’Isis-K e i suoi alleati mantengono un rifugio sicuro in Afghanistan e continuano a sviluppare le loro reti dentro e fuori il Paese», ha affermato il generale Michael Kurilla del comando centrale Usa in un’audizione alla Camera Usa ai primi di marzo. «I loro obiettivi non si fermano qui. Hanno invocato attacchi a livello globale contro chiunque non sia allineato con la loro ideologia estremista». Oggi è Sanaullah Ghafari, alias Shahab al-Muhajir, il leader del gruppo: secondo il Dipartimento di Stato Usa, l’emiro è stato nominato nel giugno 2020. E da quando gli Stati Uniti hanno lasciato l’Afghanistan nel 2021, l’Isis-K ha concentrato sempre più la sua attenzione sulla Russia, dove già era implicato in alcuni dei più grandi attacchi terroristici recenti nel Paese. Tra questi, l’attentato del 2017 nella metropolitana di San Pietroburgo che uccise 15 persone e ne ferì 45. Solo due settimane fa, i servizi d’intelligence russi hanno riferito di aver eliminato una cellula del Khorasan che pianificava un attacco contro una sinagoga proprio a Mosca. Per gli esperti citati dai media internazionali, sebbene l’attacco al Crocus City Hall rappresenti una drammatica escalation, l’Isis-K si oppone da anni a Vladimir Putin: se non bastassero le guerre nel Caucaso a evidenziare le radici delle loro azioni terroristiche, il presidente russo ha cambiato il corso della guerra civile siriana intervenendo nel 2015 a sostegno del presidente Bashar al-Assad contro l’opposizione e lo Stato Islamico. «Il gruppo accusa il Cremlino di avere sulle mani sangue musulmano, facendo riferimento agli interventi di Mosca in Afghanistan, Cecenia e Siria», ha affermato Colin P. Clarke, analista antiterrorismo presso il Soufan Group di New York. Così, diventa chiaro come il Khorasan «si sia fissato con la Russia negli ultimi due anni».

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