A 47 anni, e senza alcun segnale che facesse pensare a problemi gravi di salute, Alexei Navalny, il più noto oppositore di Vladimir Putin, è morto improvvisamente nella colonia penale della regione artica dove era detenuto. Una notizia caduta come una bomba su una Russia che il mese prossimo è chiamata alle urne per le elezioni presidenziali in cui Vladimir Putin si presenta per un quinto mandato.
Diversi leader occidentali, primo fra tutti Joe Biden, hanno accusato direttamente Mosca. Affermazioni respinte dal Cremlino come assolutamente «inaccettabili».
La notizia del decesso è stata data dal Servizio penitenziario federale, secondo il quale Navalny si è sentito male dopo la passeggiata mattutina. Il vicino ospedale ha confermato che il personale sanitario della prigione è intervenuto subito e sette minuti dopo è arrivata un’ambulanza, ma dopo tentativi di rianimazione che sono durati 30 minuti, il detenuto è stato dichiarato morto.
La televisione Russia Today, che ha citato una sua fonte, ha ipotizzato che si sia trattato di un «coagulo di sangue», una trombosi o un’embolia. Ma le autorità hanno invitato ad attendere i risultati degli esami forensi.
La portavoce di Navalny, Kira Yarmysh, così come la moglie dell’oppositore, Yulia, hanno detto di non potere confermare la notizia. L’avvocato del dissidente e alcuni familiari, ha aggiunto Yarmysh, potranno partire solo durante la notte alla volta di Kharp, la città più vicina alla colonia penale, 1.900 chilometri a nord di Mosca, e arriveranno domani. Ogni tentativo di mettersi in contatto con i responsabili del carcere per avere informazioni è risultato vano.
Una situazione che ricorda quella verificatasi nel dicembre scorso, quando Navalny scomparve dalla prigione dove era detenuto a 250 chilometri da Mosca. Solo dopo una ventina di giorni si venne a sapere che si trovava nella nuova colonia penale, la IK-3, nel distretto di Yamalo-Nenets.
Su una cosa, però, tutti concordano: Navanly non aveva mostrato alcun segno di soffrire di problemi di salute. La prima a dirlo è stata la madre, che ha sottolineato di averlo trovato “sano e allegro» durante una visita che gli ha fatto il 12 febbraio, Il suo braccio destro, Leonid Volkov, in un colloquio in videoconferenza il 13 febbraio con un gruppo di diplomatici europei, aveva assicurato che il detenuto era «in condizioni psicofisiche sorprendentemente buone» e anche che non temeva minacce alla sua vita.
Certo, su di lui pesavano le dure condizioni carcerarie, ha detto il Premio Nobel russo Dmitry Muratov. In particolare i frequenti confinamenti in cella di punizione denunciati dallo stesso Navanly per infrazioni al regolamento. L’ultimo lo aveva segnalato il 14 febbraio, affermando che si trattava della quarta volta che un simile provvedimento veniva preso contro di lui da quando era stato trasferito nella nuova prigione. Ma l’oppositore continuava a far sentire la sua voce attraverso i social media. Come nello stesso giorno di San Valentino, quando su X aveva postato una dedica alla moglie. «Sento che mi sei vicina ogni secondo e ti amo sempre di più», aveva scritto.
La sorpresa per la morte improvvisa di Navalny ha contribuito ad alimentare le reazioni delle capitali occidentali contro Mosca, oltre che del presidente ucraino Volodymyr Zelensky secondo il quale l’oppositore è stato «ucciso» e Putin «dovrà rendere conto dei suoi crimini». Il presidente americano Joe Biden si è detto «scandalizzato» per quanto avvenuto, aggiungendo che Putin è «responsabile» della morte del dissidente. Ma ha ammesso che Washington non sa «esattamente cosa sia successo». Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha detto semplicemente che Putin è «un mostro». La premier Giorgia Meloni ha auspicato che «su questo inquietante evento venga fatta piena chiarezza». Una posizione in linea con quella del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha chiesto una «indagine trasparente».
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha giudicato «inaccettabili» e «fuori controllo» gli attacchi occidentali, mentre «non ci sono dichiarazioni dei medici, nessuna informazione dagli esperti forensi, nessuna informazione definitiva dal Servizio penitenziario federale, nessuna informazione sulla causa della morte». E il ministero degli Esteri ha chiesto perché non abbia provocato le stesse reazioni da parte di Washington la morte in una prigione ucraina il mese scorso di un giornalista con doppia cittadinanza cilena e americana, Gonzalo Lira.
In serata in diverse città della Russia, compresa Mosca, i canali Telegram dell’opposizione hanno segnalato iniziative di alcune decine di cittadini che hanno deposto fiori su improvvisati memoriali dedicati a Navalny. La Procura della capitale ha messo in guardia dal partecipare ad una manifestazione per la quale si erano diffusi diversi appelli via internet. Secondo Ovd-Info, organizzazione che cura l’assistenza legale agli attivisti arrestati, gli agenti avrebbero fermato almeno tre persone davanti alla Lubyanka, la ex sede del Kgb sovietico e attualmente dei servizi di sicurezza Fsb.
Ma la protesta potrebbe non fermarsi: «Vi devo dire una cosa. Non siete autorizzati a mollare. Se decidono di ammazzarmi vuol dire che siamo incredibilmente forti. Dobbiamo utilizzare questo potere», aveva detto l’oppositore in una clip tratta dal film dal titolo «Navalny» di Daniel Rohr del 2022. Parole che ora suonano come un testamento.
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