Lloyd Austin, primo capo del Pentagono afroamericano, è finito sotto il fuoco delle polemiche dopo aver tenuto nascosto per tre giorni a Joe Biden e alla Casa Bianca il suo ricovero in un ospedale militare, nel bel mezzo di due guerre e degli attacchi delle milizie filo iraniane alle forze Usa. Il segretario alla difesa si è già scusato e il presidente gli ha rinnovato la «piena fiducia» ma il caso resta aperto. E rischia di diventare una nuova grana per Biden alla vigilia delle primarie nella sfida presidenziale con Donald Trump, contro la cui rielezione il New York Times ha lanciato un appello dipingendolo come un pericolo per gli Usa e per il mondo in un durissimo editoriale.
I repubblicani sono già andati all’attacco, alcuni di loro hanno chiesto che Austin sia chiamato a testimoniare o venga cacciato, mentre per i reporter che coprono il Pentagono si tratta di una «vergogna».
Austin è accusato di aver messo a repentaglio la catena di comando, anche nucleare, nella quale viene solo dopo il commander in chief, in un momento particolarmente cruciale per i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente (dove giovedì gli Usa hanno risposto agli attacchi degli Houthi). E di aver infranto la prassi della trasparenza, secondo cui il presidente, i ministri e gli alti dirigenti sono tenuti ad informare la pubblica opinione su loro eventuali problemi di salute. Del presidente si sa tutto ogni giorno, grazie al pool di giornalisti che lo segue ovunque. E quando nel novembre del 2021 Biden si sottopose ad anestesia per una colonscopia di routine preannunciò la cessione temporanea dei poteri alla sua vice Kamala Harris, come fece in due occasioni anche George W. Bush per una analoga procedura. Trump invece nel 2019 fece la stessa visita di nascosto perché non voleva che il suo vice Mike Pence fosse temporaneamente nominato al suo posto mentre era sedato. Anche Austin ha scelto la segretezza, pur delegando i suoi poteri alla vice Kathleen Hicks, che era in vacanza a Puerto Rico. Ma non ha informato neppure il suo ‘boss’ per tre giorni, dopo il ricovero in terapia intensiva per le complicazioni di un intervento medico non urgente, di cui non si sa ancora nulla.
Secondo la ricostruzione dei media Usa, il segretario alla difesa è entrato lunedì scorso al Walter Reed National Military Medical Center, l’ospedale di eccellenza alle porte della capitale che cura anche i presidenti. Ma il Pentagono ha informato solo giovedì il capo del consiglio per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, che ha avvisato Biden. Il giorno dopo è toccato alla stampa e, 15 minuti prima, ai leader del Congresso. Austin, ancora ricoverato ma con pieni poteri da venerdì, ha fatto un mezzo ‘mea culpà: «riconosco - ha scritto in una nota - che avrei potuto fare un lavoro migliore assicurando che il pubblico fosse adeguatamente informato. Mi impegno a fare meglio. Ma è importante dire che questa è stata una mia procedura medica e mi assumo la piena responsabilità delle mie decisioni in merito alla divulgazione». Sabato, riferiscono i media Usa, c’è stata una «calda» conversazione con Biden, che gli ha ribadito la sua «piena fiducia» e si è detto felice della sua ripresa.
Ma i repubblicani sono sul piede di guerra. «Se la notizia è vera, devono esserci delle conseguenze per questo scioccante fallimento», ha minacciato Tom Cotton, membro della commissione forze armate del Senato. «Austin è stato un disastro sin dal primo giorno e dovrebbe essere sostituito da qualcuno che si concentrerà sul rendere l’esercito pronto a combattere e vincere guerre invece di promuovere le cause politiche risvegliate dall’amministrazione Biden», gli ha fatto eco il deputato Jim Banks. «Inaccettabile», ha commentato l’ex vice presidente Mike Pence. Indignata anche la Pentagon Press Association: «In un momento in cui ci sono crescenti minacce ai militari americani in Medio Oriente e gli Stati Uniti stanno svolgendo ruoli chiave in materia di sicurezza nazionale nelle guerre in Israele e Ucraina, è particolarmente fondamentale che il pubblico americano sia informato sullo stato di salute e capacità decisionale del suo massimo leader della difesa».
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