Israele decapita ulteriormente Hamas. L’esercito e lo Shin Bet, il servizio in intelligence interno, hanno annunciato che il comandante del battaglione Nuseirat di Hamas, Ismail Siraj, e il suo vice, Ahmed Wahaba, responsabili dei massacri al kibbutz di Beeri e in altre località, sono stati uccisi sabato sera in un attacco aereo a Gaza. Ma non solo. L’Idf ha anche rivendicato di aver ormai smantellato tutta la rete militare di Hamas nel nord della Striscia.
La notizia arriva mentre i riflettori sono puntanti a nord dove è arrivata «la prima risposta» all’uccisione del numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, a Beirut: dal Libano sono piovuti decine di razzi, almeno 62 lanciati da Hezbollah ma anche dal gruppo sunnita Jamàa Islamiya, una costola dei Fratelli Musulmani, che ha preso di mira la località di Kiryat Shmona. Non ci sono state vittime e immediata è scattata la risposta israeliana: aerei da combattimento hanno attaccato una serie di siti di Hezbollah nelle aree di Aita al-Shàab, Yaron e Ramya.
Impedire l’espandersi del conflitto è uno degli obiettivi principali della missione nella regione del segretario di Stato americano Antony Blinken, che ha iniziato il suo tour in Turchia, incontrando prima l’omologo turco Hakan Fidan e poi il presidente Recep Tayyip Erdogan ed è successivamente volato in Grecia per colloqui con il premier Kyriakos Mitsotakis.
Il Dipartimento di Stato ha fatto sapere che Blinken «ha sottolineato la necessità di prevenire l’estensione del conflitto» durante più di un’ora di colloqui con Erdogan. Ha enfatizzato la necessità di «lavorare per una pace regionale più ampia e duratura che garantisca la sicurezza di Israele e faccia avanzare la creazione di uno Stato palestinese». Una fonte diplomatica turca ha detto che il ministro degli Esteri Fidan ha ribadito a Blinken la necessità di un «cessate il fuoco immediato» per garantire la regolare consegna degli aiuti.
«Vogliamo evitare che si allarghi il conflitto» e «stiamo facendo in modo che non ci sia un’escalation tra Israele e il Libano», ha dichiarato lo stesso Blinken dalla Grecia, «stiamo esaminando le vie diplomatiche per cercare di dissipare queste tensioni». A lui si era rivolto in un videomessaggio il leader di Hamas Ismail Haniyeh, esortandolo a sfruttare la sua missione nella regione per «fermare l’aggressione contro i palestinesi» e far sì che «termini l’occupazione dei territori palestinesi». egli ultimi tre mesi», aggiungendo che il sostegno degli Usa all’operazione israeliana a Gaza ha «causato massacri e crimini di guerra senza precedenti contro di noi». Dopo Istanbul e la Grecia, il segretario di Stato Usa sarà in Israele, Giordania, Cisgiordania, Qatar, Emirati, Arabia Saudita ed Egitto.
All’appello di Blinken si unisce anche il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, auspicando che il Libano non sia «coinvolto in un conflitto regionale. È un imperativo evitare una escalation regionale in Medio Oriente, è assolutamente necessario evitare che il Libano sia trascinato in un conflitto regionale», ha detto parlando a Beirut con il suo omologo libanese. «Mando lo stesso messaggio a Israele: nessuno uscirà vincitore da un conflitto regionale. L’unica via è la creazione di uno Stato palestinese», l’unico «orizzonte di speranza» per i palestinesi.
Una speranza che al momento appare lontanissima: quasi il 90% dei 2,4 milioni di abitanti di Gaza sono stati «sfollati con la forza e non hanno più nulla», ha affermato l’Unrwa, l’agenzia Onu per per i profughi palestinesi, che a centinaia di migliaia sono alle prese con gravi carenze di cibo, acqua, forniture mediche e carburante. Secondo l’Unrwa, 1,9 milioni di palestinesi sono stati sfollati in tutta Gaza, di cui 1,88 milioni hanno trovato rifugio all’interno e nelle vicinanze delle 155 installazioni dell’agenzia. Le vittime palestinesi sono arrivate a 22.722 uccisi e 58.166 feriti. Una situazione drammatica che ha costretto Medici Senza Frontiere ad evacuare il suo personale dall’ospedale Al-Aqsa, dopo giorni di combattimenti e all’ordine di evacuazione diffuso dalle forze israeliane: «Con un grosso peso sul cuore siamo costretti ad evacuare», ha fatto sapere Carolina Lopez, coordinatrice dell’emergenza di Msf all’ospedale.
Le bombe d’altronde non sembrano destinate a fermarsi presto: “La guerra non deve finire finché non saranno raggiunti tutti gli obiettivi», ha ribadito il premier israeliano Benyamin Netanyahu in una giornata che ha visto migliaia in piazza protestare contro la sua linea e chiedere le elezioni anticipate. In prima linea le famiglie degli ostaggi: «Sono passati tre mesi da quando Nimrod è stato rapito ed è come una giornata lunga ed estenuante che non finisce mai», ha urlato Rumi Cohen, gemella di Nimrod, rapito a Gaza.
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