L’operazione di terra a Gaza, lanciata da Israele dopo il devastante attacco di Hamas del 7 ottobre, è entrata in una nuova fase. Archiviata per il momento la pausa per lo scambio di prigionieri, i tank sono entrati a Khan Yunis per colpire con più precisione gli obiettivi di Hamas. Un’operazione, accompagnata dai raid, mirata a strappare al gruppo armato palestinese anche il sud della Striscia. E con la crescente pressione israeliana si surriscalda anche il fronte degli alleati dell’Iran: gli Hezbollah in Libano e gli Houthi in Yemen, che hanno attaccato alcune navi commerciali nel Mar Rosso. Per sventare la minaccia, è stato costretto a intervenire un cacciatorpediniere americano. A metà giornata la radio militare israeliana ha confermato l’estensione dell’offensiva nella Striscia, con unità terrestri e mezzi blindati in azione a nord di Khan Yunis. Un percorso aperto dai massicci bombardamenti dell’artiglieria, dell’aviazione e della marina. In quest’area si ritiene che si nasconda il leader di Hamas Yahya Sinwar, che resta l’obiettivo numero uno insieme al capo delle brigate militari Mohammed Deif ed al suo vice Marwan Issa. «Gettate le armi o morirete», è uno degli avvertimenti lanciati dalle forze israeliane in un messaggio in arabo con le immagini di 11 comandanti ancora attivi in altre zone della Striscia. Mentre il capo dello Shit Bet Ronen Bar ha spiegato che i servizi segreti hanno ricevuto l’ordine di «eliminare i dirigenti di Hamas ovunque si trovino». «Serviranno anni, ma lo faremo», la sua rassicurazione. Dall’inizio dell’offensiva gli israeliani hanno riferito di aver scoperto più di 800 tunnel dei miliziani utilizzati per collegare le loro «risorse strategiche», e 500 sono già stati distrutti. Sono oltre 10mila gli attacchi aerei effettuati dal 7 ottobre. Il gruppo armato palestinese ha continuato a rispondere soprattutto con le salve di razzi verso Israele, che ancora una volta hanno lambito i kibbutz del sud, prima di essere neutralizzati dall’Iron Dome. Il conflitto continua ad avere un impatto devastante sulla popolazione. Nel fronte del nord, i palestinesi hanno denunciato l’uccisione di almeno 160 persone nei bombardamenti nel campo profughi di Jabalia. Le vittime nella Striscia, secondo Hamas, avrebbero superato le 15.500, diverse centinaia soltanto dopo la fine della tregua. Allarma anche la situazione degli sfollati interni, che secondo l’Onu sono ormai quasi l’80% degli abitanti di Gaza. Un dato comunicato proprio mentre a Khan Yunis sono proseguite le evacuazioni forzate verso la frontiera egiziana. Oltre ad Hamas a Gaza, Israele è costretto a guardarsi le spalle anche da nord, dove Hezbollah continua a lanciare razzi. Ma è tutto il fronte filo-iraniano ad aver rialzato la testa contro dello Stato ebraico, come dimostra il nuovo attacco degli Houthi nel Mar Rosso. I ribelli yemeniti hanno preso di mira alcune navi commerciali nella strategica zona del Golfo di Aden. “Due navi israeliane» colpite in risposta all’invasione di Gaza, hanno rivendicato le milizie filo-iraniane riferendosi a mezzi legati a Paesi amici di Israele. Quest’ultimo ha però smentito ogni legame con i cargo attaccati. In effetti, si è appreso in seguito, alcuni portacontainer erano battenti bandiera delle Bahamas. In loro soccorso è intervenuta la nave da guerra americana Uss Carney, che ha abbattuto i droni yemeniti. Questa incursione è un ulteriore segnale di escalation nella regione. Gli Houthi, che avevano già sequestrato un mercantile collegato a Israele, dal 7 ottobre ha lanciato una serie di attacchi con droni che hanno preso di mira anche i militari americani nel Mar Rosso. Insieme con gli Hezbollah in Libano e le milizie sciite in Siria ed in Iraq, sono la longa manus dell’Iran per tentare di destabilizzare Israele ed il suo più stretto alleato, gli Stati Uniti.