Piove sul dramma degli sfollati nel sud della Striscia di Gaza. E l’arrivo dell’autunno rende tutto più difficile, col maltempo che rischia anche di rallentare gli aiuti umanitari. Sull’area di Khan Yunes la tempesta é arrivata dal mare con un impeto inaspettato e che ha preso tutti alla sprovvista, nonostante le previsioni meteo avessero messo in guardia sul peggioramento in arrivo. Ma quando la burrasca si é abbattuta sull’accampamento dei profughi, nel povero attendamento eretto alcune settimane fa dall’Unrwa decine di tende sono letteralmente volate via, spazzate da un forte vento. «Avevamo provveduto a rafforzarle con corde e con sacchi di sabbia - raccontano gli sfollati - e fra vicini c’erano state anche scene di solidarietà. Ma poi molte tende sono crollate». E la pioggia scrosciante, violenta, contro la quale non c’era riparo, ha fatto il resto. È stato quindi necessario raggiungere il centro di Khan Yunes (150 mila abitanti in tempi normali, 600 mila di fatto con gli arrivi dal nord della Striscia) per acquistare teli di plastica con cui ripararsi. C’é poi il problema del cibo. Finora nell’attendamento si ricorreva a fuocherelli per cucinare o per scaldare bevande. “Oggi tutto ciò non é stato possibile. E sono anche scomparsi i venditori ambulanti di frutta e verdura», raccontano nel campo. C’è l’Unrwa che distribuisce pasti: ma sono porzioni minime, con il personale dell’agenzia dell’Onu che si trova ad affrontare una situazione ben al di sopra delle proprie forze e capacità. Troppe persone da assistere, una popolazione di profughi in arrivo dal nord che aumenta di giorno in giorno. Il maltempo ha complicato le cose anche nelle scuole messe a disposizione degli sfollati nel centro cittadino di Khan Yunes. Finora la sera gli uomini per dormire stendevano i loro materassi sull’erba o nei cortili, lasciando le aule alle donne e ai bambini. Ora pioggia e vento hanno costretto tutti a ripararsi all’interno, con problemi di sovraffollamento tali da richiedere decisioni drastiche: la notte si dorme a turni, metà sui materassi e metà sulle sedie. Ma il numero degli sfollati è tale che anche la sede locale della Università al-Quds é stata costretta ad aprire i cancelli ai senza tetto. Mentre altre persone hanno cercato riparo dai rigori della stagione nell’area industriale. Chi può ancora permetterselo, ha preso in affitto un garage o ha chiesto ospitalità temporanea in alcuni capannoni. «Ma il nostro timore ora - spiegano al municipio - è quello delle alluvioni». Sulle strade giace una quantità enorme di immondizia che viene smaltita solo una volta la settimana con le ruspe. Ora la pioggia torrenziale ha disperso le montagne di spazzatura, e il rischio di epidemie è altissimo. Inoltre il sistema delle fognature viene monitorato con grande preoccupazione, perché nelle settimane passate non é stato possibile fare le consueta manutenzione stagionale. «Siamo quasi ad una catastrofe», denunciano profughi e residenti. Anche perché le riserve di cibo si assottigliano ed il blocco dell’unico mulino della zona, colpito giorni fa da una cannonata israeliana, significa che presto non ci sarà più farina per il pane. «Abbiamo un bisogno disperato di combustibile. Abbiamo bisogno di un intervento internazionale, con la massima urgenza», l’appello disperato.