«Siamo alle porte di Gaza City». Lo ha detto il generale Itzik Cohen, comandante della 162/a divisione dell’esercito israeliano, aggiungendo che le forze armate sono ora nel profondo della Striscia. «Hamas - ha proseguito citato dai media - ha scelto questa guerra, noi non abbiamo scelto questo conflitto». Cinque giorni fa, ha spiegato, la divisione ha ricevuto una «missione importante: andate e finite in maniera definitiva Hamas». Le truppe israeliane stringono la morsa su Gaza City (nella foto). Un diluvio di fuoco si è abbattuto sui campi profughi della Striscia - considerati nidi del terrore dall’esercito ebraico per la presenza di strutture sotterranee di Hamas - causando decine di morti. La strage più grave si è consumata ieri nel campo di Jabaliya, quattro chilometri a nord di Gaza City, dove un pesante bombardamento israeliano, secondo il ministero della Sanità locale, ha provocato almeno 50 vittime (in un primo tempo si era parlato di centinaia) e oltre 150 feriti, mentre molti altri sono ancora sotto le macerie. Le immagini di distruzione trasmesse dalle tv sono spaventose e mostrano un cratere profondo provocato, secondo Hamas, da sei bombe di fabbricazione Usa che hanno raso al suolo vari edifici. L’esercito israeliano ha confermato l’attacco e sostenuto di aver colpito la sede del comando locale di Hamas, uccidendo il capo del «Battaglione Jabaliya» Ibrahim Biari, uno dei responsabili dell’attacco ai kibbutz del 7 ottobre. I militari hanno riferito che i miliziani si erano insediati negli edifici civili del campo profughi e che nel raid è stata distrutta «l’infrastruttura terroristica sotterranea», ovvero i tunnel che correvano sotto i palazzi: «Un gran numero di terroristi che erano insieme a Biari sono stati uccisi», ha annunciato l’esercito.