Israele resta a Gaza con tank e soldati e anzi sta «estendendo ulteriormente le operazioni» di terra: a 24 ore dall’ingresso nella Striscia, le truppe sono attestate nel nord dell’enclave palestinese, dove infuria la battaglia con Hamas. «I nostri soldati - ha detto il premier Benyamin Netanyahu nella prima conferenza stampa con i giornalisti a tre settimane dall’attacco del 7 ottobre - stanno combattendo e si trovano all’interno della Striscia. E’ una battaglia del bene contro il male. La guerra dentro Gaza sarà dura e lunga, sarà la nostra seconda guerra di indipendenza, vogliamo restituire agli assassini quello che hanno fatto». Ed ha ribadito i due obiettivi dell’operazione: «Demolire Hamas e riportare indietro gli ostaggi». «Faremo ogni possibile tentativo per riportarli a casa», ha assicurato il primo ministro, sottolineando, dopo aver incontrato le famiglie dei rapiti, che «la chiave è il livello di pressione» su Hamas: «Maggiore è la pressione, maggiori sono le possibilità» di riavere gli ostaggi».
Subito dopo le parole di Netanyahu si è fatto sentire il capo della fazione palestinese a Gaza Yahyia Sinwar, annunciando di essere «pronto ad un accordo immediato per uno scambio dei prigionieri“: tutti gli ostaggi israeliani (saliti a 230) per i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, che sono circa 7mila. Una proposta rispedita al mittente dallo Stato ebraico, con il portavoce militare Daniel Hagari che l’ha liquidata come «terrorismo psicologico».
A descrivere lo scenario che ha mutato la situazione sul campo è stato invece il ministro della Difesa Yoav Gallant, secondo cui la «guerra è entrata in nuova fase e l’operazione contro Hamas a Gaza continuerà fino a che non saranno emessi nuovi ordini». Al nord della Striscia da ieri sera - mentre l’esercito continua a premere sugli abitanti della zona per farli trasferire a sud - stanno operando forze israeliane di combattimento combinate, composte da mezzi corazzati, genieri e fanteria con l’obiettivo di rimuovere ogni resistenza, demolire le postazioni di lancio di missili anti tank e mortai, oltre a neutralizzare il più possibile la rete dei tunnel di Hamas e privare la Striscia di ogni copertura internet per non consentire le comunicazioni. Lo scopo dell’azione, secondo fonti qualificate che seguono l’evoluzione della conflitto, sarebbe duplice: occupare una fascia protetta di almeno 2 km da dove lanciare un’invasione più profonda e mettere pressione alle varie milizie armate per costringerle a trattare il rilascio degli ostaggi.
Ben altra è la ricostruzione della situazione offerta dalla fazione islamica palestinese, che ha detto di esser riuscita nelle ultime ore a fermare l’offensiva israeliana nella Striscia e di aver causato «ingenti perdite» al nemico. «L’esitazione di Israele di fronte all’invasione di terra di Gaza dimostra uno stato di confusione e paura. La resistenza è pronta allo scontro», ha incalzato Izzat al-Reshek, citato dall’agenzia di stampa Shehab, vicina ad Hamas, denunciando come «un crimine di guerra» le privazioni imposte da Israele alla Striscia. Sull’interruzione di internet Elon Musk ha offerto il sistema satellitare Starlink di SpaceX per le connessioni delle ong umanitarie riconosciute che operano a Gaza. Una posizione rigettata da Israele che «farà ricorso a tutti i mezzi a nostra disposizione per ostacolarla».
Ad incattivire ancor di più lo scontro diplomatico ci ha pensato il presidente turco Erdogan: Israele fermi «questa follia» e «fermi gli attacchi», ha invocato. Poi ha insistito aggiungendo che è l’Occidente «il principale responsabile del massacro» a Gaza ad opera di Israele e per questo la Turchia sta lavorando per dichiarare lo Stato ebraico «criminale di guerra». Un attacco subito respinto dal governo di Gerusalemme il cui ministro degli Esteri Eli Cohen ha annunciato il richiamo dei rappresentanti diplomatici israeliani da Ankara.
Il quadro generale a livello internazionale appare frastagliato. Anche gli Usa, per bocca del portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, si sono detti “molto preoccupati» per la situazione e appaiano favorevoli più ad interventi chirurgici che ad un’invasione su larga scala.
La pressione di Israele - dove sono continuati a piovere razzi dalla Striscia, ma anche dal Libano - nei confronti di Gaza ha visto un aumento non solo dei raid ma anche di attacchi mirati contro esponenti di vertice di Hamas. Ad essere stati eliminati sono stati oggi Ezzam Abu Raffa, responsabile del sistema dei missili anti tank, dei droni, della sorveglianza aerea, dei parapendii e dell’intera difesa aerea di Hamas: uno degli ideatori dell’attacco del 7 ottobre. Ed anche Ratib Abu Tzahiban, comandante delle forze navali della Brigata Gaza City, altra pedina importante dello schieramento offensivo di Hamas.
Nella Striscia infine, dove la popolazione è allo stremo, i morti sono arrivati ad oltre 7.700 e altri ancora sono sotto le macerie.
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