Domenica 22 Dicembre 2024

La speranza al cancello di Rafah, ma non si esce: passano solo le merci

Tra l’eccitazione provocata dalla presenza delle telecamere delle reti internazionali, tra la congestione di decine di camion accorsi per prelevare aiuti umanitari da consegnare agli sfollati nel sud della Striscia, al valico di Rafah si sono fatte strada oggi alcune decine di famiglie. Dalla prima mattina avevano appreso che il passaggio fra Egitto e Gaza sarebbe stato finalmente aperto, dopo due settimane di chiusura, grazie ad energiche pressioni internazionali su Israele. Dunque, hanno pensato e sognato che se i cancelli si fosseri aperti per far entrare le merci, si sarebbero potuti aprire anche per far uscire i palestinesi con doppia nazionalità, fra cui quella egiziana. Alle 10 di mattina, mentre tutti gli occhi erano puntati verso l’ingresso di 20 camion egiziani a doppio container, queste famiglie si sono avvicinate in silenzio alla grata del terminal dell’uscita dei passeggeri. Avevano con sè valigie, trolley, carrelli, bambini, passeggini e passaporti. Il territorio egiziano era lì, a portata di mano. Ma di fronte a loro hanno trovato il vuoto. Nessun funzionario con cui parlare. «Ormai siamo qui e abbiamo deciso di restare. Forse - hanno raccontato ai cronisti - qualcuno arriverà e ci farà uscire». Seduti ad un caffè vicino, hanno cominciato allora a tempestare di telefonate le loro rispettive ambasciate. Chi parlava con diplomatici canadesi, chi con americani, chi con quelli europei. Altri dal povero caffè del valico di Rafah, hanno cercato di attivare in arabo, in francese ed in inglese parlamentari di loro conoscenza. Ma col passare delle ore le fila si sono assottigliate. Di questi tempi trovare un taxi è già una impresa, visto che nel sud della striscia di Gaza le stazioni di benzina sono rimaste all’asciutto. Erano le 16 quando le ultime famiglie, con la rassegnazione sul volto, hanno lasciato il terminal per tornare sui loro passi. Nel frattempo gli aiuti umanitari giunti dall’Egitto erano stati caricati su una trentina di camion palestinesi diretti ad un magazzino della vicina Deir el-Ballah per essere spartiti fra l’Unrwa (l’ente dell’Onu per i profughi) e la Mezzaluna rossa palestinese. Si trattava di scorte di medicinali, di acqua potabile e scatolette di tonno. Secondo una prima stima del ministero della sanità di Gaza, i medicinali «rappresentano appena il 2 per cento delle necessità immediate degli ospedali della Striscia». Inoltre, malgrado la grande attesa, non sono entrati nè farina nè combustibile. Il che significa che la penuria di pane per centinaia di migliaia di palestinesi sfollati dal nord della Striscia si aggraverà ulteriormente. L’apertura del valico è stata tutt’altro che facile. Nei giorni scorsi Israele aveva bombardato un suo cortile laterale. Poi aveva espresso opposizione alla concessione di provvedimenti umanitari a beneficio dei palestinesi se non ci fossero state prima misure a favore degli ostaggi israeliani di Hamas. Sono dovuti intervenire il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sissi, il presidente usa Joe Biden ed il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Ieri la liberazione da parte di Hamas di due ostaggi cittadine statunitensi ha probabilmente creato le condizioni opportune per socchiudere i cancelli di Rafah. Al di là del valico ci sono almeno 140 camion a doppio container in attesa di entrare nella Striscia. Ma i rappresentanti della Mezzaluna Rossa e di altre organizzazioni umanitarie hanno detto di non poter fare alcuna previsione circa la situazione di domani. Un’altra notte dunque di dolorosa incertezza per le decine di famiglie in attesa nei pressi di Rafah e di quelle che, forse, domani si ripresenteranno ai cancelli sperando di lasciare l’inferno della Striscia.

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