Lunedì 23 Dicembre 2024

La battaglia si sposta a Gaza, Israele verso l'invasione

La battaglia contro Hamas si sposta sempre più sul terreno di Gaza e l’invasione della Striscia da parte delle truppe israeliane è data per vicina, molto vicina. Il premier Benyamin Netanyahu, parlando ai soldati della Brigata Golani schierati davanti Gaza con i tank pronti, li ha esortati a «combattere come leoni». «Vinceremo - ha insistito - con tutta la nostra forza». La visita del presidente Usa Joe Biden a Tel Aviv ha convinto Israele a dare l’ok al passaggio di aiuti umanitari dall’Egitto attraverso il valico di Rafah a partire da domani per la stremata popolazione dell’enclave palestinese. Ma oggi tutto sembra accelerare verso l’operazione di terra, mentre si è infittita la pioggia di razzi che arrivano, anche in contemporanea, dalla Striscia e dal Libano, sempre più invischiato nel conflitto. Sono molti i diplomatici stranieri che stanno lasciando Beirut per l’aggravarsi della situazione. E oggi Stati Uniti e Germania hanno esortato i loro cittadini ad andarsene dal Paese «al più presto mentre sono ancora disponibili voli commerciali». «Ora vedete Gaza da lontano, presto la vedrete dall’interno. L’ordine arriverà», ha annunciato alle truppe il ministro della Difesa Yoav Gallant. «La battaglia si sta spostando sul territorio di Hamas» a Gaza, gli ha fatto eco Yaron Finkelman, comandante del Fronte sud di Israele, l’uomo in prima linea davanti alla Striscia. «Questa guerra - ha spiegato - ci è stata imposta da un nemico spietato che ci ha inferto un colpo significativo. Li abbiamo fermati e bloccati. Li stiamo colpendo duramente e siamo determinati a prevalere sul loro stesso territorio». Tutto questo mentre i commando dell’esercito hanno compiuto altri blitz oltre confine, nel tentativo «mirato» di localizzare dispersi israeliani o acquisire informazioni sulla loro sorte. L’esercito stima infatti che siano tra i 100 e i 200 gli israeliani di cui non si hanno notizie dall’attacco dello scorso 7 ottobre, oltre agli almeno 203 ostaggi. Nonostante questo, e il fatto che l’esercito continui a ricercare terroristi di Hamas nelle zone israeliane a ridosso della Striscia, le indicazioni convergono per un’ormai prossima azione via terra. Incontrando il premier britannico Rishi Sunak in visita in Israele, Netanyahu gli ha detto: «Voi avete combattuto 80 anni fa i nazisti, ora dobbiamo combattere insieme Hamas che è il nuovo nazismo. Questa - ha aggiunto ispirandosi al celebre discorso di Winston Churchill - è la nostra ora buia, l’ora più buia del mondo». «Sono orgoglioso di essere qui al vostro fianco nell’ora più buia di Israele», gli ha risposto Sunak, promettendo sostegno militare ma sottolineando che «anche il popolo palestinese è vittima di Hamas». In questa escalation di tensione non sono pochi gli ambasciatori israeliani che stanno lasciando i Paesi mediorientali su indicazione del governo. Anche per la reazione furiosa delle piazze arabe dopo l’esplosione nell’ospedale a Gaza ancora attribuita dai loro leader all’esercito israeliano. A questo proposito, secondo la tv israeliana Kan, un fonte di una intelligence europea - dopo il Pentagono, citato ieri da Biden - ha confermato la versione israeliana del razzo difettoso della Jihad e ha sostenuto che i morti non sono stati 417, come annunciato da Hamas, bensì «tra i 10 e i 50». Sul campo, oltre ai raid, Israele sta aumentando la pressione sui capi di Hamas, alzando l’importanza degli obiettivi. Oggi è stata uccisa Jamila al-Shanti, vedova del cofondatore di Hamas Abdel Aziz al-Rantisi e prima donna eletta nel 2021 nell’Ufficio politico dell’organizzazione. Ed anche Jehad Mohaisen, capo della Sicurezza nazionale di Hamas. Nella Striscia - in attesa dell’apertura, domani, del valico di Rafah che dovrebbe portare il sollievo dei primi aiuti umanitari dall’inizio della crisi - la situazione peggiora di ora in ora con circa un milione di sfollati. I morti sono arrivati a 3.785, inclusi 1.524 minori (molti delle stesse famiglie), con 12.493 feriti. In Israele le vittime sono oltre 1.400 (306 soldati) e il numero di sfollati - dal sud e dal nord sotto il fuoco degli Hezbollah - è stimato in circa 600.000. Le sirene di allarme - che costringono intere aree del Paese a correre nei rifugi - hanno risuonato più volte nel sud e nel centro del Paese, compresa Tel Aviv.

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