Non poteva partire peggio la visita di Joe Biden di domani (mercoledì 18 ottobre) in Israele, in un Medio Oriente sempre più in fiamme dopo il raid su un ospedale di Gaza - con scambio di accuse tra Hamas e Idf - condannato come una violazione del diritto internazionale dal mondo arabo ma anche dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel e da altri leader internazionali.
Un massacro che ha indotto il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas) a cancellare la sua presenza ad Amman al summit a quattro col re Abdullah II di Giordania, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e Biden in programma subito dopo la visita del presidente americano in Israele. Un vertice convocato per discutere «dei pericolosi sviluppi a Gaza e delle loro ripercussioni sulla regione», ma pure per «trovare un orizzonte politico che rilanci il processo di pace israelo-palestinese», bloccato da anni per la ferma opposizione del premier israeliano Benjamin Netanyahu e la poco convinta azione diplomatica americana a favore della soluzione dei due Stati.
Cinque gli obiettivi della missione di Biden indicati alla vigilia della sua partenza, anche se ora potrebbero cambiare in questo quadro per lui sempre più imbarazzante, anche alla luce della crescente emergenza umanitaria a Gaza: difendere «il diritto e il dovere» di Israele a difendersi da Hamas con il pieno sostegno americano e mettere in guardia contro l’allargamento del conflitto i nemici dello Stato ebraico (Iran, Siria, Hezbollah), ma anche «coordinare gli sforzi per il rilascio degli ostaggi», nonché ottenere garanzie per «minimizzare il numero delle vittime civili e far affluire gli aiuti umanitari a Gaza», con l’ipotesi di «safe zone» per i residenti. Infine ricevere un briefing completo sugli obiettivi e la strategia della risposta militare di Israele agli attacchi di Hamas. Ora il nuovo obiettivo potrebbe essere quello di un cessate il fuoco, magari in cambio della liberazione degli ostaggi, come propone Hamas.
Preceduto dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, primo leader internazionale a sbarcare in Israele dopo l’esplosione del conflitto, Biden aveva accolto senza esitazione l’invito di Bibi: da un lato per non mostrare esitazioni verso l’alleato e offrire il fianco alle critiche repubblicane durante la campagna elettorale; dall’altro per mantenere distinti i palestinesi dai «terroristi» di Hamas e fissare dei paletti umanitari per evitare che Israele perda il sostegno internazionale e che l’intero Medio Oriente si infiammi.
Il commander in chief aveva deciso di affrontare così i rischi, fisici e politici, di un nuovo viaggio in un Paese in guerra, dopo quello in gran segreto a Kiev, anche se la decisione non è stata presa «alla leggera», come ha sottolineato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby. «È una visita molto breve ma ovviamente non farebbe questo viaggio se non avessimo predisposto le appropriate misure di sicurezza», ha spiegato, dopo che lunedì Antony Blinken aveva dovuto cercare rifugio per alcuni minuti in un bunker insieme Netanyahu.
È stato lo stesso segretario di Stato, in tour da una settimana in Medio Oriente, ad illustrare gli scopi della visita di Biden «in questo momento cruciale per Israele, la regione e il mondo». Blinken ha insistito in modo particolare sull’intesa tra Usa e Israele, su richiesta americana, «per sviluppare un piano che consentirà agli aiuti umanitari provenienti dai Paesi donatori e dalle organizzazioni multilaterali di raggiungere i civili a Gaza il prima possibile, inclusa la possibilità di creare aree per aiutare a mantenere i civili lontani dal pericolo». «Se Hamas bloccherà gli aiuti, sequestrandoli o distruggendoli, noi saremo i primi a condannarlo e a lavorare per impedire che accada di nuovo», ha ammonito il capo della diplomazia Usa senza spiegare però come. Buio anche sul destino dei rifugiati di Gaza, ancora intrappolati dentro la Striscia e che per ora nessuno vuole accogliere.
L’arrivo di Biden frena di fatto l’offensiva militare israeliana anche se la Casa Bianca precisa che «non siamo noi a dare indicazioni a Israele» e che il presidente non condizionerà la fornitura di nuove armi ad alcuna promessa su un uso «contenuto» della forza (in serata la notizia che intende chiedere al Congresso 100 miliardi per Israele, Ucraina e Taiwan). Ma doveva sempre valere il messaggio lanciato dal presidente nel suo discorso in tv alla Casa Bianca: Israele e Stati Uniti sono democrazie, e le democrazie rispettano le leggi internazionali e di guerra. Il caso dell’ospedale di Gaza potrebbe smentirlo.
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