Israele ha mostrato al mondo le foto delle atrocità di Hamas, dei bambini carbonizzati, ed ha promesso che l’organizzazione terroristica sarà «schiacciata» come è avvenuto per l’Isis. Per un semplice motivo: Hamas, ha spiegato il premier Benyamin Netanyahu postando le immagini terrificanti sui canali social del governo, è «l’Isis di Gaza». Al sesto giorno di guerra - con la frontiera libanese sempre in ebollizione e un raid israeliano che ha colpito l’aeroporto di Damasco - il segretario di Stato Usa Antony Blinken è arrivato a Tel Aviv ed ha ammesso che «le immagini di bambini e neonati massacrati, soldati decapitati, ragazzi bruciati vivi, sono al di là di ogni immaginazione. Quasi incomprensibili». Poi ha aggiunto: «Mi hanno riportato alla memoria la violenza dell’Isis», è stato «come dieci 11 settembre» per Israele. In precedenza era stato il ministro della Difesa Yoav Gallant a mostrare i video dell’orrore ai suoi colleghi della Nato a Bruxelles. Del resto, l’esercito ha annunciato che bandiere dello Stato islamico sono state trovate nei kibbutz di frontiera riconquistati, soprattutto in quello di Sufa, così come manuali di al Qaida sul corpo dei terroristi uccisi. Mentre il Jerusalem Post ha scritto di poter «confermare, sulla base di foto verificate, che le notizie su bambini decapitati durante l’assalto di Hamas sono corrette». L’attacco oltre frontiera che ha scatenato la guerra e la cattura di oltre 150 ostaggi israeliani, secondo quanto ha dichiarato Ali Baraka, un esponente della fazione, era in preparazione «da almeno due anni». Ma i Paesi alleati di Hamas, ha assicurato, sono stati informati solo dopo l’inizio dell’assalto. E «si potevano contare sulle dita di una mano» il numero di dirigenti che conoscevano con precisione il giorno. Domani in Israele arriveranno il ministro degli Esteri Antonio Tajani, la collega tedesca Annalena Baerbock, la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen e quella dell’europarlamento Roberta Metsola. Poi si sposteranno, come Blinken, ad Amman, per vedere Abu Mazen. Il capo dell’Autorità nazionale palestinese, incontrando re Abdallah nella capitale giordana, ha condannato «l’uccisione o gli abusi sui civili da entrambe le parti perché violano la morale, la religione e il diritto internazionale». Ma allo stesso tempo ha chiesto «la fine immediata dell’aggressione al popolo palestinese». Gaza in tutto questo è sempre più sotto assedio. «Non sarà fornita elettricità, né acqua, né entreranno camion di benzina finchè gli ostaggi israeliani non torneranno a casa», ha avvertito il ministro dell’Energia israeliano Israel Katz. Per dare l’idea della pressione militare sulla Striscia e su Hamas - che comunque continua a lanciare razzi nel sud e nel centro di Israele, compresa la zona di Tel Aviv e Ashkelon - basti pensare che da sabato scorso l’esercito israeliano ha compiuto raid contro 3.600 obiettivi usando più di 6.000 munizioni. Tanto da far dire al capo di Stato maggiore Herzi Halevi che «Gaza non sarà mai più quella di prima». Ma Halevi ha anche ammesso che l’esercito non onorato sabato scorso le «sue responsabilità nei confronti della sicurezza di Israele e dei suoi cittadini». Nel mirino degli attacchi israeliani non ci sono soltanto le strutture organizzative e di comando di Hamas e delle altre fazioni palestinesi ma soprattutto i loro dirigenti. L’esercito oggi ha eliminato Yosef Abu Marzouk, fratello di Mussa, membro del politburo di Hamas e portavoce dell’organizzazione, raggiunto nella zona industriale di Rafah a sud dell’enclave palestinese. Allo stesso modo, altri due dirigenti di Hamas che erano stati liberati in cambio del rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit nel 2011. Il bilancio dei morti sia in Israele sia a Gaza si alza sempre di più. Nello Stato ebraico sono più di 1.300 le vittime e 3.300 i feriti, di cui 28 in condizioni critiche. Nella Striscia, secondo il ministero della Sanità locale, si è arrivati a 1.417 morti con 6.268 feriti. La situazione umanitaria è al collasso e ci sono trattative in corso, mediate dall’Egitto, per arrivare almeno ad aprire corridoi umanitari per i feriti e per la fornitura di medicinali. Se la posizione di Israele è nota, Hamas ha ribadito che concorda sui corridoi umanitari ma non sul passaggio della popolazione. Il valico di Rafah con il Sinai resta chiuso. Il Cairo ha sostenuto che è bloccato perché continua a bombardarlo Israele, che tuttavia non conferma. Intanto i miliziani hanno chiamato per domani alla rivolta per celebrare il primo venerdì dall’Inondazione di Al-Aqsa, come Hamas ha chiamato il blitz in Israele. Polizia e esercito in Cisgiordania sono in stato di allarme.