Il bilancio delle vittime dell’incendio che ha quasi raso al suolo una cittadina dell’isola di Maui, nelle Hawaii, ha superato i 100 morti. Lo ha annunciato il governatore dell’arcipelago americano, Josh Green. «Ora sono 101 le vite che sono state perse», ha detto Green in un discorso televisivo aggiungendo che i soccorritori hanno finora battuto poco più di un quarto dell’area di ricerca che devono coprire. Si tratta dell’incendio più mortale in più di un secolo negli Stati Uniti. La città di Lahaina, sulla costa occidentale di Maui, è stata quasi interamente avvolta dalle fiamme: migliaia di edifici sono stati distrutti e molti ridotti a un semplice cumulo di ceneri. Nell’ex capitale del regno delle Hawaii, che contava 12.000 abitanti, le autorità hanno già avvertito che il bilancio umano dei roghi potrebbe aumentare ancora considerevolmente nei prossimi giorni. I parenti delle persone disperse vengono incoraggiate a sottoporsi al test del Dna per aiutare a identificare i cadaveri, che spesso sono irriconoscibili. Il presidente americano Joe Biden ha assicurato che, insieme alla first lady Jill, si recherà «il prima possibile» alle Hawaii. «Non voglio intralciare ma voglio andare e assicurarmi che abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno», ha sottolineato, riferendo di averne parlato con il governatore Green. Quello dell’isola di Maui è diventato l’incendio più letale nella storia degli Usa dal 1918, quando 453 persone morirono in Minnesota e Wisconsin. Il numero delle vittime nell’arcipelago tropicale ha superato quello del Camp Fire, l’incendio del 2018 in California, che ha praticamente cancellato la piccola città di Paradise dalla mappa e ucciso 86 persone. Si moltiplicano le iniziativa di solidarietà, con i vip in prima fila: la popolare anchor Oprah Winfrey è sbarcata a Maui per portare aiuti alla popolazione locale, distribuendo pacchi in un rifugio per gli sfollati. Insieme al numero delle vittime crescono anche la rabbia, il dolore, le polemiche sulla mancata prevenzione e sulla cattiva gestione dell’emergenza, che hanno portato all’apertura di un’inchiesta ufficiale. Sotto accusa in particolare la mancata attivazione del sistema di allarme, il più grande del mondo, con 400 sirene (di cui 80 a Maui) rimaste in silenzio mentre il fuoco avanzava in modo rapido e feroce. Non sono arrivati neppure gli sms di allerta perché è crollata la copertura telefonica e molti hanno saputo degli incendi dalla gente in fuga o dalla comparsa improvvisa delle fiamme a due passi da casa. Sino ad un anno fa inoltre il rischio di roghi del genere, alimentati dalle potenti raffiche degli uragani e dalla persistente siccità, era stato classificato «basso». Il governatore Josh Green ha difeso la risposta immediata all’inferno, spiegando che la situazione è stata complicata dalla presenza di molteplici incendi e dalla forza dei venti. «Dopo aver visto quella tempesta, dubitiamo che si sarebbe potuto fare molto con un fuoco impetuoso e veloce come quello», ha detto, mentre da Lahaina, la cittadina di oltre 12 mila abitanti più colpita, arrivano immagini apocalittiche: quasi 3000 edifici distrutti, rovine e cenere ovunque, sfregiato anche il secolare e iconico «banyan tree», il più grande degli Usa e uno dei più grandi del mondo, con 20 metri di altezza, 400 metri di circonferenza e 16 tronchi. Si stima che i danni ammontino a 5,5 miliardi di dollari, ma quelli all’ecosistema sono ancora tutti da calcolare. Lo scorso anno i disastri miliardari causati da condizioni meteo estreme, sospinte dal cambiamento climatico, sono stati 18 e sono costati agli Usa 165 miliardi di dollari, oltre alla morte di almeno 474 persone. Al conto di quest’anno manca ancora la stagione degli uragani, che gli esperti prevedono sarà superiore al normale per il riscaldamento degli oceani. Per questo molti chiedono a Biden di proclamare una «emergenza climatica nazionale».