L’Ucraina approfitta della crisi in Russia e annuncia che a est, verso il Donbass, è partita una grande offensiva alla riconquista dei territori che ora improvvisamente sembrano più a portata di mano. E che avrebbe portato in poche ore alla liberazione di territori che erano stati occupati dai filorussi fin dal 2014 nell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk.
Il Paese ha assistito con un mix di stupore, speranza e senso di rivalsa al precipitare della situazione in Russia. Almeno fino all’annuncio serale di Prigozhin sullo stop all’avanzata. Soprattutto le televisioni nelle maratone informative hanno condiviso per tutto il giorno la sensazione che la guerra si stia ritorcendo come un pugnale nello stesso ventre russo. «La debolezza della Russia è evidente. È debolezza su vasta scala. E più a lungo la Russia mantiene le sue truppe e mercenari sulla nostra terra, più caos, dolore e problemi avrà in seguito», è stato il primo commento di questa mattina a caldo del presidente Zelensky dopo un breve tweet in cui sosteneva che «questo è solo l’inizio», quando i 25 mila mercenari della milizia ribelle Wagner non avevano neanche ancora preso l’autostrada per Mosca.
«Per troppo tempo la Russia ha usato la propaganda per mascherare la sua debolezza e la stupidità del suo governo. E ora c’è così tanto caos che nessuna bugia può più nascondere la realtà», ha aggiunto Zelensky, secondo cui lo zar è ormai nudo.
«Dirò in russo: l’uomo del Cremlino è ovviamente molto spaventato e probabilmente si nasconde da qualche parte, senza mostrarsi. Sono sicuro che non è più a Mosca. Chiama da qualche parte, chiede qualcosa da lì... Sa di cosa ha paura, perché lui stesso ha creato questa minaccia», ha aggiunto Zelensky ieri sera in un discorso alla nazione a coronamento della giornata-shock.
Per molti ucraini interpellati dai media, suscitano emozioni contrastanti le immagini della gente che corre terrorizzata nelle strade di Rostov sul Don, mentre i miliziani della Wagner prendevano il quartier generale che fino a questa notte era la sede del comando delle operazioni in Ucraina e la postazione avanzata dello stato maggiore russo. I civili impauriti evocano negli ucraini la sensazione che i russi, ingannati per anni dalla propaganda, stiano sperimentando sulla propria pelle cosa sia il terrore delle armi, della guerra.
Il nemico del nemico Putin non è però necessariamente visto come un amico a Kiev, piuttosto uno che stava già progettando tutto questo: fatti che non fanno sperare in un futuro troppo roseo, se anche si dovesse ammainare la bandiera del regime putiniano. Stride con la logica, secondo Kiev, il fatto che l’uomo che per settimane ha lamentato la mancanza di munizioni e di logistica stia ora marciando verso la capitale della Grande Madre Russia armata fino ai denti. Lo chef ed ex grande amico di Putin - questo il commento più comune dei media e dei politici ucraini - è in realtà un «mostro» creato dallo stesso potere putiniano per servirlo, che gli si è invece ribellato contro.
«La ribellione della Wagner è una diretta conseguenza della guerra scatenata dal Cremlino, perché questo gruppo illegale è stato armato e preparato per l’aggressione contro l’Ucraina. Peccato che ora i guai siano ritornati alla Russia come un boomerang», ha commentato l’ascoltatissimo consigliere di Zelensky Mikhailo Podolyak.
E se a Kiev da moltissimi mesi ormai la vita sembra in superficie tornata al suo tran-tran quotidiano, se i campi di battaglia sembrano lontani e molta gente non fa più caso ormai ai frequenti allarmi aerei notturni, la scorsa notte la morte è tornata sulla stessa capitale ucraina. Tutte le bombe volanti lanciate dai russi (41 missili da crociera e due droni iraniani Shahed) sono state abbattute, ha rivendicato Kiev. Ma frammenti sono finiti su un condominio di molti piani nella capitale, uccidendo almeno tre persone, ferendone altre 8 e facendo crollare una porzione dell’edificio.
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