Decine di persone venute da più parti del Paese hanno affollato lo scalo di Ciampino, diventato il luogo degli abbracci per i familiari degli italiani evacuati dal Sudan, ormai fuori dalle violenze della sanguinosa guerra a Khartoum. Gli aerei dell’aeronautica militare attesi sulla pista riportano a casa nelle ultime ore 96 connazionali. I passeggeri arrivano in serata suddivisi su due voli: prima un 767, poi un C130 della 46esima brigata aerea che, per esigenze di rifornimento, atterra a Roma più tardi, dopo le 23. Ci sono anche tredici stranieri, tra cui sudanesi e greci. I parenti degli italiani reduci dal caos aspettano l’arrivo dei loro cari in una palazzina vicina, ma hanno i volti ancora carichi di tensione. «Mia figlia sta bene, speriamo di vederla presto. L’abbiamo sentita l’ultima volta questa mattina: era molto contenta di rientrare», dice Aurora, madre di Costanza Matafù, 34 anni, di Messina, una operatrice di una agenzia per la cooperazione che torna in Italia. Costanza si trovava in Sudan dal 2021, prima era in Giordania. «Se se l’è vista brutta, ha avuto paura: si è trovata in casa un proiettile grosso così, hanno dovuto dormire a terra e in un appartamento non loro, al piano terra perché al terzo piano non potevano stare», spiega. La trappola di Karthoum però ormai è alle spalle e tra i primi ad esprimere soddisfazione c’è il ministro degli Esteri Antonio Tajani: «tutto è proceduto nel modo migliore. Gli italiani sono stati tutti messi in sicurezza. La nostra ambasciata è stata chiusa, molto probabilmente la sposteremo in maniera temporanea o in Etiopia o in Egitto», dice il titolare della Farnesina che spiega anche alcuni dettagli dell’evacuazione. «Sono rimasto in contatto con i leader delle fazioni che si stanno combattendo, hanno rispettato l’impegno a garantire la sicurezza del nostro convoglio, li ho ringraziati, questo è un fatto positivo. È stata un’operazione difficile, complicata e rischiosa ma è andato tutto per il verso giusto», ha aggiunto Tajani, che ai due leader ha detto che il governo italiano ha «insistito per il cessate il fuoco e perché trovino un accordo». L’operazione è stata condotta dagli Esteri, dalla Difesa e dalla intelligence tenendo sempre informata il presidente del Consiglio. Altri 19 connazionali, un gruppo di sub che si trovavano lì per una crociera sono rientrati l’altro ieri in Egitto grazie al lavoro della nostra ambasciata al Cairo. Gli italiani che hanno voluto lasciare il Sudan sono stati trasferiti prima a Gibuti, mentre nel Paese sono rimaste alcune decine di italiani, alcuni volontari di Emergency e alcuni missionari, comprese dieci suore: «continueremo a seguirli», sottolinea Tajani. L’ultimo aereo era partito da Khartum con a bordo l’ambasciatore Michele Tommasi e i militari, che sono saliti per ultimi quando tutto era stato messo in sicurezza. «È stata un’operazione coordinata dal Comando di vertice interforze, sono stati impiegati tre aerei C-130, 36 persone dell’aeronautica che hanno avuto al loro fianco 29 uomini dei gruppi speciali dai nostri ‘Col Moschin’ agli incursori della marina, gli addetti dell’Aise, i carabinieri che erano già sul posto: più persone che si sono coordinate anche alle forze dei Paesi alleati», ha spiegato il ministro della Difesa Guido Crosetto. A testimoniare che non è stato affatto facile ci sono alcuni episodi avvenuti nella capitale sudanese come l’operazione, poi abortita, dove un francese è stato ferito da un cecchino dei paramilitari. Ferito in un altro frangente anche un dipendente dell’ambasciata d’Egitto, paese a rischio di coinvolgimento nel conflitto. A Khartoum inoltre sono stati visti incolonnarsi alla volta di Port Said decine di veicoli bianchi delle Nazioni Unite e molti autobus nonostante la tregua umanitaria di tre giorni annunciata venerdì sia stata violata anche nelle ultime ore fra l’altro con raid aerei delle Forze armate che, secondo i paramilitari, hanno causato «decine di morti e feriti».