Oltre tre ore di negoziati, nessun comunicato congiunto e dichiarazioni separate, eppure convergenti su molti punti, a cominciare dal rifiuto comune di una nuova guerra fredda. Joe Biden si presenta a Bali al cospetto di Xi Jinping forte dei risultati delle elezioni di metà mandato. «L’America è tornata: l’avevo promesso e mantengo gli impegni», ha detto il presidente americano al termine dei colloqui. Il vertice sembra essere andato bene - forse meglio del previsto - e i due leader mostrano di aver voglia di lavorare per «rimettere in carreggiata» (parole dei cinesi) il rapporto fra le due superpotenze. Partendo con un’intesa di base sulla questione più spinosa del momento: la guerra in Ucraina.
No all'uso dell'atomica
«La Cina - ha detto Xi - è estremamente preoccupata per l’attuale situazione, dimostra che i conflitti non producono vincitori, che non vi sono soluzioni semplici a questioni complesse e che il confronto tra i principali Paesi deve essere evitato». I due leader hanno inoltre concordato che in Ucraina «non si devono usare le armi nucleari», ha riferito la Casa Bianca. Può apparire scontato ma considerate le minacce che piovono di sovente da Mosca ha invece un forte peso. Peraltro si troverebbe un riscontro pratico, dato che - stando a fonti diplomatiche occidentali - il comunicato finale del G20 è stato concordato, perlomeno a livello degli sherpa, e nel testo si bolla come «inaccettabile» l’uso dell’atomica. Non solo. Nella bozza, dopo un lavoro febbrile, si usa esplicitamente la parola «guerra» (vietata in Russia, dove si parla di «operazione militare speciale”) per definire il conflitto in corso in Ucraina e si «deplorano» gli effetti negativi sull’energia, sui prodotti alimentari e sull’inflazione.
Mosca sempre più isolata
Mosca insomma appare sempre più isolata e non è un caso se una fonte cinese, proprio oggi, al Financial Times ha confidato che «Putin non disse la verità a Xi sull’imminente inizio della guerra», lasciando Pechino in una situazione «difficile». Poi certo, pensare che in un solo faccia a faccia si possano risolvere tutte le tensioni accumulate in questi anni è fantasia. Taiwan resta il nodo da sciogliere, si spera senza spade. Se l’obiettivo di Biden era far conoscere a Xi i suoi «paletti» per incardinare la relazione, il leader cinese ha risposto con la stessa moneta: «E’ la prima linea rossa per noi e non deve essere superata». Di più. «La pace e l’indipendenza di Taiwan sono inconciliabili come l’acqua e il fuoco», ha messo in guardia Xi. Il presidente americano ha ribadito che gli Usa si oppongono ad azioni «aggressive e coercitive» contro Taipei ma poi, in conferenza stampa, si è detto convinto che non ci siano segnali di una «imminente» aggressione di Pechino ai danni di Taiwan.
Non ci sarà una nuova guerra fredda
L’obiettivo era parlarsi chiaro e in faccia - è il primo bilaterale da quando Biden è diventato presidente - ed essere schietti anche sui punti di disaccordo. Ma Xi, ha assicurato Biden, sarebbe disposto a «trovare dei compromessi» e le due amministrazioni hanno deciso di formare un «team di contatto» che lavori alla soluzione dei problemi. Dopo il bilaterale, ad esempio, è stato concordato di riavviare i colloqui tra i due Paesi sul clima, dopo che Pechino li aveva congelati in seguito alla visita di Nancy Pelosi a Taiwan. L’inquilino della Casa Bianca ha detto chiaramente di non volere «una nuova Guerra Fredda» con la Cina e che la competizione (c’è, ci sarà è sarà “aspra”) dovrà essere «gestita», per evitare che sfoci in uno «scontro». E sul punto Xi concorda. «I successi di Cina e Stati Uniti - ha affermato l’imperatore rosso - sono opportunità, non sfide, l’uno per l’altro: il mondo è abbastanza grande perché i due Paesi possano svilupparsi e prosperare insieme». Ecco, non proprio un patto per spartirsi il pianeta ma senz’altro un’offerta di reciproco interesse. In altri tempi le superpotenze s’incontravano nel mezzo dell’Atlantico per parlare di de-escalation e di pace, in olimpica solitudine, ora invece s’incontrano ai margini del summit che più di ogni altro mette insieme gli antichi signori (G7) e i moderni sfidanti (Brics ad altri emergenti). Tra l’altro nel cuore dell’Indopacifico, lo scacchiere su cui si muovono le pedine del futuro.