La guerra in Ucraina segna una svolta, che rafforza le ambizioni di Kiev nella controffensiva a sud. Il ministro della difesa russo Serghiei Shoigu ha ordinato il ritiro delle truppe da Kherson e il loro spostamento sulla sponda sinistra del fiume Dnepr. L’entourage di Volodymyr Zelensky ha predicato cautela, ma se il piano di Mosca si rivelasse effettivo si tratterebbe di un duro colpo: la perdita dell’unico capoluogo regionale conquistato dall’inizio del conflitto.
Kiev: non vanno via senza combattere
La campagna ucraina per riconquistare Kherson, nonostante un rallentamento nelle ultime settimane, ha prodotto risultati significativi, tagliando le linee di rifornimento del nemico. Questa circostanza adesso è stata ammessa dal comandante in capo delle truppe dell’Armata sul terreno, il generale Sergey Surovikin, chiamato a rapporto dal ministro Shoigu. In questa situazione Surovikin ha suggerito di spostare la linea di difesa lungo la sponda sinistra del Dnepr, dalla parte opposta rispetto alla città di Kherson: una «decisione molto difficile», ma che al tempo stesso consentirebbe di «salvare la vita dei militari e dei civili, continuamente minacciati dai missili ucraini». Permettendo tra l’altro di condurre «offensive in altre direzioni». Il ministro Shoigu, dopo aver ascoltato il rapporto del suo comandante, ha concordato le conclusioni e le proposte ed ha ordinato il ritiro da Kherson, con una dichiarazione trasmessa dalle tv russe.
Proprio la modalità di questo annuncio ha lasciato più di un sospetto a Kiev. Il consigliere presidenziale Mikaylo Podolyak ha fatto sapere di «non vedere segnali che la Russia lascerà Kherson senza combattere». Anzi ha affermato che parte del contingente «rimane all’interno della città», mentre si prevede l’arrivo di nuovi rinforzi russi nella regione. «Noi liberiamo territori sulla base di informazioni di intelligence, e non di dichiarazioni alla tv» che appaiono come una «messa in scena», il suo avvertimento. E tuttavia anche l’uscita di Podolyak può essere letta come una tattica, magari per nascondere al nemico i piani dell’assalto finale sulla città.
La Russia perde una regione strategica
Ci sono del resto segnali che Mosca abbia deciso sul serio di rinunciare a Kherson. A partire dagli oltre centodiecimila civili che le autorità filo-russe hanno costretto ad evacuare dalla regione, a fronte della crescente spinta militare degli ucraini. E proprio per rallentare le forze di Kiev, i russi avrebbero fatto saltare numerosi ponti, almeno cinque. Dello stesso avviso sembra essere il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Secondo cui «la Russia ha perso l’iniziativa militare» e per questo «è stata costretta a cedere territorio».
I prossimi giorni, probabilmente, diranno quale sarà la portata reale delle dichiarazioni di Shoigu, ma un fosco presagio della disfatta su questo fronte c’è già: il principale esponente dell’amministrazione filorussa di Kherson, il vicegovernatore Kirill Stremousov, è rimasto ucciso. Ufficialmente, a causa di un incidente stradale in una località balneare sul Mar d’Azov diventata il nuovo quartiere generale delle forze occupanti dopo la fuga dal capoluogo. Stremousov da settimane era diventato la figura più rappresentativa dell’oblast, oltre ad essere uno dei funzionari più schierati al fianco di Mosca. «Un vero eroe», ha sottolineato Alexander Dugin.
Perdere Kherson, per Vladimir Putin, equivarrebbe a perdere una regione strategica, confinante con la Crimea. Lasciando scoperto il fianco della penisola annessa nel 2014, che gli ucraini hanno già dimostrato con numerosi attacchi di volersi riprendere. Non a caso, in questa fase, si moltiplicano le aperture di Mosca al dialogo con Kiev. Negoziati sulla base della «attuale situazione», ha fatto sapere per ultima la portavoce del ministero di esteri Maria Zakharova. Ma la risposta, al momento, è sempre la stessa. Si tratta di «richieste di trattative isteriche» che dimostrano quanto il Cremlino sia «esausto», ha affermato Podolyak. Aggiungendo che proprio nelle ultime ore una delle figure chiave del potere russo, il segretario del Consiglio di Sicurezza Nikolay Patrushev, è volato a Teheran «alla ricerca di un modo per continuare la guerra». Ossia chiedendo altri «droni» e missili all’alleato iraniano.
Caricamento commenti
Commenta la notizia