La caduta incontrollata dello stadio centrale del razzo cinese Long March, che il 31 ottobre scorso aveva portato nello spazio il terzo modulo della stazione spaziale cinese, si è conclusa con un tuffo nell’area centro-meridionale dell’Oceano Pacifico, alle 11,01 ora italiana.
Lo conferma con un tweet il Comando delle forze armate degli Stati Uniti responsabile per lo Spazio. Il rientro in atmosfera è avvenuto quindi in ritardo rispetto alla previsione del Centro operativo europeo per la sorveglianza e il monitoraggio dello spazio (Eu Sst), che aveva ristretto la finestra temporale tra le 9,19 e le 10,21 italiane, ma anche molto lontano dall’area di atterraggio individuata inizialmente nell’Oceano Atlantico.
Era stata inoltre comunicata una «remota possibilità» che la traiettoria del detrito spaziale potesse coinvolgere l’Italia: nella notte tra 3 e 4 novembre, la protezione civile aveva infatti allertato Sardegna, Lazio, Molise, Puglia, Calabria. Lo stesso è accaduto in Spagna, dove questa mattina è stato addirittura chiuso lo spazio aereo, per il rischio associato al possibile passaggio del razzo cinese, con evidenti disagi per i passeggeri. Come per i precedenti lanci degli altri moduli della stazione spaziale cinese, il razzo Long March 5B utilizzato non è in grado di riavviare i suoi motori per effettuare un rientro controllato nell’atmosfera terrestre e, con i suoi 30 metri di lunghezza e circa 20 tonnellate di peso, rappresenta uno dei detriti spaziali più grandi che sono caduti in modo incontrollato sulla Terra nel recente passato: i rientri dello Skylab statunitense nel 1979 e del Salyut 7 dell’Unione Sovietica nel 1991, rispettivamente di circa 77 e 40 tonnellate, sono gli unici detriti con massa più elevata.
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