Venerdì 22 Novembre 2024

Xi Jinping incontra Putin, ma non ci sarà un fronte anti-occidente

Xi e Putin a Samarcanda

In difficoltà sul terreno in Ucraina e pressato dalle sanzioni, Vladimir Putin trova una sponda a metà dalla Cina per cercare di imbastire una controffensiva nella guerra a distanza con l’Occidente. Nel primo incontro con il presidente Xi Jinping dall’inizio della cosiddetta operazione militare speciale, il leader russo ha spiegato la sua politica con la necessità di resistere a quelli che definisce «i tentativi di creare un mondo unipolare», che hanno assunto aspetti «orribili». E Xi gli ha mostrato ufficialmente comprensione, assicurando che Pechino è pronta a lavorare con Mosca «come tra grandi potenze». Il vertice, svoltosi nell’antica città uzbeka di Samarcanda a margine del summit dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco), è stato preceduto di alcune ore dall’annuncio di Mosca di nuove esercitazioni navali congiunte con la Cina nel Pacifico e nel Mare di Okhotsk, che comprenderanno tiri di artiglieria con munizioni vere. Il tutto mentre la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, avvertiva che se gli Usa forniranno missili a lunga gittata alle forze di Kiev, saranno considerati «parte diretta del conflitto» e la Russia risponderà «in modo adeguato». Ma è soprattutto nella sfida economica e finanziaria con gli Usa e la Ue che il Cremlino cerca l’appoggio di Pechino. Gazprom, il gigante statale russo del gas, ha fatto sapere che il 10 settembre le forniture alla Cina hanno raggiunto «un nuovo massimo storico di volumi giornalieri di esportazione“ attraverso il gasdotto Power of Siberia. Mentre le forniture all’Unione Europea, ha annunciato il vice primo ministro russo Alexander Novak, potrebbero diminuire di 50 miliardi di metri cubi entro la fine dell’anno. Il messaggio è chiaro: il gas - o almeno buona parte di esso - è già stato dirottato dai Paesi considerati ostili verso quelli asiatici che non hanno nessuna intenzione di rompere gli ottimi rapporti d’affari con Mosca. Non solo la Cina. In un vertice allargato al presidente mongolo Ukhnaagiin Khurelsukh, Putin ha definito «promettente» la cooperazione a tre in campo energetico, con il progettato nuovo gasdotto Potere della Siberia 2 che dovrebbe passare proprio attraverso la Mongolia per arrivare in Cina. Ma nelle sfumature delle dichiarazioni di Putin e Xi, seduti ai lati opposti di un gigantesco tavolo ovale e separati da una aiuola di fiori rossi, si può cogliere qualche divergenza di vedute, specie sull’Ucraina, dove finora militarmente Pechino non ha mosso un dito. Certo, ha assicurato Xi, la Cina è disposta a «fornire un forte sostegno su questioni che riguardano reciproci interessi fondamentali» e approfondire la cooperazione economica. Ma, ha avvertito il leader cinese, Pechino vuole portare «stabilità ed energia positiva in un mondo caotico». I presupposti per continuare ad espandere la sua potenza economica. E i fatti ucraini - anche se lui non lo ha detto pubblicamente - non aiutano certo a concretizzare questi auspici. Non a caso, nelle dichiarazioni prima del colloquio, Putin ha tenuto ad assicurare che comprendeva «le preoccupazioni della Cina sulla questione ucraina» e che intendeva «chiarire la posizione russa» al riguardo. Identiche vedute invece su Taiwan. La Russia è «fermamente impegnata» nel riconoscimento del principio di una sola Cina e condanna «le provocazioni degli Usa a Taiwan», ha detto Putin. Xi ha apprezzato, sottolineano i media cinesi, tornando a ribadire che «Taiwan fa parte della Cina», che «si oppone con fermezza alle forze separatiste» e alle «interferenze esterne». Il vertice di Samarcanda è stato per Putin anche l’occasione per un incontro con Ibrahim Raisi, presidente dell’alleato Iran. I due Paesi stanno completando la preparazione di un nuovo accordo strategico di cooperazione, ha annunciato il leader russo, affermando che su molte questioni internazionali le loro posizioni «sono vicine o coincidono». E l’agenzia russa Ria Novosti ha annunciato per la prossima settimana la visita a Teheran di una delegazione composta dai rappresentanti di «80 grandi imprese russe».

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