Il presidente tunisino Kais Saied ha proclamato trionfalmente l’ingresso della Tunisia in una “nuova fase" dopo la vittoria ormai certa del ‘sì’ nel referendum sulla nuova Costituzione da lui stesso proposta, una carta che rafforza ulteriormente le prerogative del Capo dello Stato, e preoccupa per le sorti della fragile democrazia tunisina. In un discorso pronunciato nel cuore della notte davanti ai suoi sostenitori, radunati nel centro di Tunisi, Saied ha affermato che «i tunisini hanno dato una lezione al mondo, una lezione di storia» aggiungendo che «il referendum permetterà di passare da una situazione di disperazione a una situazione di speranza». I numeri parlano di un plebiscito a favore di Saied con il 92,3% dei «sì», il 7,7% dei no. Ma a preoccupare e infiammare le opposizioni è la bassa affluenza alle urne, del 27,5% secondo la Commissione elettorale (Isie). Il Fronte di Salvezza Nazionale, formato da 5 partiti, tra cui l’islamico Ennhadha, e 5 associazioni, ha definito i risultati del referendum «un fiasco e l’intero processo di voto una recita», sottolineando in una nota che il 75% degli elettori tunisini non ha partecipato al voto «rifiutandosi quindi di approvare una costituzione dispotica» e chiedendo le dimissioni di Saied e elezioni presidenziali e legislative anticipate. Tesi smentite dal presidente che ha dichiarato che invece il referendum "è stato espressione della volontà della maggioranza“ e «chi ha scelto di boicottare ha fatto una scelta libera, avrebbe invece potuto partecipare e votare no». Per Saied inoltre non ci sono timori di un ritorno ad un sistema autoritario poiché «non si torna indietro e la legittimità del presidente è data dal popolo». Le opposizioni, accomunate dalla paura di tornare ad un regime autocratico dopo la rivoluzione dei gelsomini, sono state divise sul da farsi, se boicottare i seggi o votare ‘nò, e soprattutto incapaci di trovare un terreno comune per sbarrare la strada al processo avviato da Saied esattamente un anno fa. Prossima tappa le elezioni del 17 dicembre con una nuova legge elettorale che consentirà l’elezione diretta dei candidati, senza il filtro dei partiti che, ha assicurato il presidente, non scompariranno, poiché previsti in Costituzione, ma che secondo molti vedranno arrivare meno finanziamenti e più controlli. Molti osservatori ritengono comunque che la nuova costituzione non risolverà la crisi politica ed economica della Tunisia, che proprio in queste settimane sta negoziando un nuovo fondamentale piano di aiuti con il Fondo monetario internazionale, e raccomandano anche agli attori internazionali di rimanere vigili sulle sorti della «transizione democratica tunisina», undici anni dopo la rivoluzione dei gelsomini.