«L’aggressione armata di questi giorni, come ogni guerra, rappresenta un oltraggio a Dio, un tradimento blasfemo del Signore della Pasqua, un preferire al suo volto mite quello del falso dio di questo mondo». Non usa mezzi termini papa Francesco nel condannare ancora una volta il conflitto in Ucraina e l’invasione armata da parte delle forze russe. «Sempre la guerra è un’azione umana per portare all’idolatria del potere», rincara nel corso dell’udienza generale, l’ultima prima della Pasqua e nella Sala Nervi, mentre dalla prossima l’incontro settimanale con i fedeli tornerà in Piazza San Pietro dopo due anni di pandemia. «La pace di Gesù non sovrasta gli altri, non è mai una pace armata, mai. Le armi del Vangelo sono la preghiera, la tenerezza, il perdono e l’amore gratuito al prossimo, a ogni prossimo. È così che si porta la pace di Dio nel mondo», sottolinea il Pontefice, secondo cui «la pace che Gesù ci dà a Pasqua non è la pace che segue le strategie del mondo, il quale crede di ottenerla attraverso la forza, con le conquiste e con varie forme di imposizione. Questa pace, in realtà, è solo un intervallo tra le guerre. Lo sappiamo bene». Il Papa, andando in qualche modo controcorrente rispetto alle attuali chiusure culturali, cita ampiamente il grande scrittore russo Fedor Dostoevskij e la sua Leggenda del Grande Inquisitore, dal capolavoro ‘I fratelli Karamazov’: E prima di chiudere non lancia un nuovo appello per l’Ucraina, ma invita a pregare in questi giorni per chi è nella guerra e per il ritorno della pace, oltre a ringraziare i pellegrini polacchi per l’accoglienza nella Pasqua a «molti ospiti ucraini».
Le critiche dell'Ucraina per la Via Crucis
Intanto, però, non si attenuano le critiche provenienti dall’Ucraina alla decisione del Papa di far portare insieme la croce nella Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo a una famiglia russa e una ucraina, rappresentanti cioè sia del Paese aggressore sia di quello aggredito. L’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash, che ieri ha dato il fuoco alle polveri della polemica, oggi rilancia le dichiarazioni del nunzio apostolico a Kiev, mons. Visvaldas Kulbokas, e anche quelle del capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, l’arcivescovo maggiore di Kiev mons. Sviatoslav Shevchuk, per il quale si tratta di «un’idea inopportuna». Kulbokas, in un’intervista video, dice di aver «trasmesso in Vaticano la reazione dell’Ucraina», ammettendo che lui stesso non avrebbe organizzato la preghiera in quel modo, perché la riconciliazione deve venire dopo: «La riconciliazione deve arrivare quando si ferma l’aggressione. E quando gli ucraini potranno non solo salvarsi la vita, ma anche la libertà. E, naturalmente, sappiamo che la riconciliazione avviene quando l’aggressore ammette la sua colpa e si scusa». Per ora il Vaticano non ha fatto alcuna retromarcia, e resta confermata la partecipazione congiunta alla Via Crucis delle due famiglie russa e ucraina come gesto simbolico di concordia e di pace. Il nunzio afferma però che non è chiaro il motivo per cui la riconciliazione dovrebbe essere già in corso durante la XIII stazione della Via Crucis in questo Venerdì Santo. Per Kulbokas, è ancora possibile cambiare «questo segno». È possibile che il piano della compresenza delle due amiche ucraina e russa nel portare la croce venga cambiato, poiché il Vaticano ha ricevuto una reazione. «Vediamo quale sarà la versione finale», dichiara. A ricollegarsi a un’altra iniziativa del Papa sono comunque i leader delle Chiese cristiane europee, cioè i presidenti della Cec, la Conferenza delle Chiese europee, e della Comece, la Commissione dei vescovi cattolici dell’Ue: il pastore protestante Christian Krieger e il cardinale Jean-Claude Hollerich hanno inviato insieme una lettera ai presidenti di Russia e Ucraina Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky chiedendo un cessate il fuoco pasquale in Ucraina dalla mezzanotte del 17 aprile alla mezzanotte del 24 aprile, «per dare ai cristiani in Russia e Ucraina, sorelle e fratelli in Cristo, la possibilità di celebrare la Pasqua in pace e dignità». La lettera di Cec e Comece fa eco all’appello di papa Francesco del 10 aprile per una «tregua pasquale» in cui «si ripongano le armi per arrivare alla pace attraverso un vero negoziato». E per esortarlo a sostenere l’iniziativa, i due presidenti hanno informato anche il patriarca Kirill di Mosca e di tutte le Russie.