Flessibilità, efficienza, reperibilità ventiquattro ore su ventiquattro: è così che lo sviluppo di nuove tecnologie sta cambiando il mercato del lavoro, un mutamento accelerato dalla pandemia che ha reso capillare il ricorso allo smart working. Uno scenario per molti versi inedito. Nel 2019 solo il cinque per cento degli europei lavorava da remoto. Appena un anno dopo, nell'aprile 2020, a causa dei lockdown decisi per arginare la diffusione della pandemia del Covid-19, la percentuale di lavoratori in smart working era schizzata al quaranta per cento e il mercato del lavoro entrava di prepotenza nell’era digitale. Una sfida gravida di opportunità e rischi che l’Unione Europea deve ora affrontare fissando delle regole che tutelino i lavoratori. Uno degli aspetti più controversi legato alla diffusione del telelavoro e di altre forme ibride, è l’emergere di quella che il Parlamento europeo ha definito «una cultura della reperibilità continua», il fatto cioè che i lavoratori siano facilmente raggiungibili in qualsiasi luogo e a qualsiasi ora, anche fuori dall’orario lavorativo. Per questo l'Eurocamera ha chiesto che la Commissione formuli una proposta di direttiva, in corso di elaborazione, per stabilire condizioni minime a tutela del diritto alla disconnessione. «Un diritto fondamentale che costituisce una parte integrante dei nuovi modelli di lavoro nella nuova era digitale», ha sottolineato dal canto suo l'europarlamentare Alex Agius Saliba, che è il relatore della risoluzione. Nella maggior parte degli Stati europei, l’esercizio del diritto alla disconnessione, che consente ai lavoratori di non rispondere più a mail, messaggi e telefonate fuori dal proprio orario di lavoro, non è regolato. L’Italia è tra i pochi paesi che, oltre ad aver disciplinato lo smart working, ha regolamentato anche la disconnessione. «Lo smart working può migliorare la produttività, il salario, la flessibilità e incoraggiare un buon equilibrio di vita» ha spiegato recentemente in un intervento il commissario europeo al lavoro, Nicolas Schmit. Lo stesso Schmit ha però anche sottolineato i possibili problemi che possono essere causati dall’estensione del fenomeno, a partire da condizioni di lavoro non idonee per arrivare a orari troppo prolungati e imprevedibili. La Commissione sostiene «la digitalizzazione dell'economia europea», ma intende garantire delle «buone condizioni di lavoro e la sicurezza, compresa la salute mentale, nonché un buon equilibrio vita-lavoro», ha puntualizzato Schmit. Il quale ha anche puntato il dito contro quegli algoritmi «sempre più presenti» in questo campo utilizzati «come uno strumento per gestire e controllare le risorse umane».