Domenica 17 Novembre 2024

Era sopravvissuto ai lager nazisti, Romanchenko è morto a 96 anni sotto le bombe a Kharkiv

Boris Romanchenko, 96 anni, ex prigioniero dei lager nazisti, è morto a Kharkiv

Continuava tenacemente a sognare un «mondo di pace e libertà», ricordando in tutte le iniziative che aveva portato avanti fino a tarda età l’orrore vissuto nei campi di sterminio. Boris Romanchenko, 96 anni, era sopravvissuto ai lager nazisti, ma il conflitto che Vladimir Putin ha deciso di scatenare per denazificara l’Ucraina gli è stato fatale. E’ morto nel bombardamento del suo appartamento di Kharkiv, città nel nord est dell’Ucraina pesantemente colpita dall’esercito di Mosca. Un missile ha mandato a fuoco l’edificio in cui viveva venerdì scorso e per lui non c’è stato nulla da fare. Romanchenko era vicepresidente per l’Ucraina dell’Ikbd, il Comitato internazionale dei sopravvissuti dei campi di lavoro di Buchenwald e Dora. «Il nostro amico Boris, sopravvissuto ai campi di concentramento di Buchenwald, Peenemunde, Dora e Bergen-Belsen - ha scritto la fondazione su Twitter -, è morto venerdì scorso in un attacco al suo condominio a Kharkiv. Siamo profondamente scioccati». «I nuovi fascisti continuano il lavoro di Hitler», è stato invece il commento del sindaco di Leopoli, Andrij Sadovyj. Nato il 20 gennaio 1926 a Bondari, vicino a Sumy, fu catturato dai tedeschi nel 1942 e internato a Dortmund come prigioniero di guerra. Riuscì a fuggire ma fu ricatturato, deportato a Buchenwald e costretto ai lavori forzati nell’ottobre 1943. Per un certo tempo fu obbligato a collaborare con i tedeschi alla realizzazione dei missili balistici V2 nella base di Peenemuende, poi trasferito ai campi di concentramento di Mittelbau-Dora e di Bergen-Belsen. Dopo la guerra, ha contribuito ad istituire una rete di aiuti per le ex vittime della persecuzione nazista in Ucraina. Ha partecipato a numerose commemorazioni della Shoah e delle persecuzioni naziste, in cui indossava l’uniforme a righe con cucito il triangolo rosso che distingueva gli internati politici (come la stella di Davide gialla distingueva gli ebrei, il triangolo marrone i rom e sinti, quello rosa gli omosessuali). “Costruire un nuovo mondo di pace e libertà è il nostro ideale!», recita il giuramento dei sopravvissuti di Buchenwald, che - come ricorda la Fondazione - nel 2012 Romantschenko aveva letto. La sua morte non è il primo episodio della guerra ucraina che riporta alla memoria l’orrore nazista. Ieri il presidente Volodymyr Zelensky aveva paragonato l’invasione russa alla Shoah, rievocando la famigerata «soluzione finale» nel suo incontro con i deputati della Knesset e provocando forti critiche in Israele. Un richiamo simile era stato fatto all’inizio del mese, quando un missile russo aveva colpito la zona del Babyn Yar a Kiev, il memoriale che ricorda l’eccidio nazista di oltre 100 mila persone. «Che senso ha dire ‘mai più’ per 80 anni - aveva detto Zelensky -, se il mondo tace quando una bomba cade sullo stesso sito di Babyn Yar? Storia che si ripete...».

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