Gli uomini al fronte, le donne e i bambini ai confini del Paese in cerca di fuga. E su queste masse fragili in cerca di un tetto sicuro - l’Onu calcola 10 milioni di sfollati dalle proprie case - si allunga ora l’ombra degli sfruttatori a caccia di ‘merce umanà da avviare alla tratta e alla prostituzione. Un allarme lanciato già dall’Unicef, e che ha trovato conferma nelle ultime ore anche nell’attenzione particolare che è stata rivolta al tema dal Vaticano: «Pensiamo a queste donne, questi bambini, che col tempo, senza lavoro, separate dai mariti, saranno cercate dagli avvoltoi della società» ha affermato all’Angelus Papa Francesco, aggiungendo un appello a «proteggerli».
Secondo quanto risulta alle organizzazioni internazionali attive sul fronte ucraino, gli «avvoltoi» sarebbero già pronti ad approfittare della situazione, come succede ogni volta che ci sono grandi mobilitazioni di persone, perché il caos favorisce le ‘sparizionì. L’Unicef ha spiegato che in particolare i bambini sono «esposti a un rischio maggiore di tratta e sfruttamento», una «minaccia reale e crescente» a fronte di oltre 1,5 milioni di bambini fuggiti dal Paese dal 24 febbraio scorso. E se in generale i minori sono il 28% delle vittime identificate di tratta, nel caso della crisi ucraina gli esperti dell’Unicef tendono a immaginare una percentuale anche maggiore di potenziali vittime, proprio perché le colonne dei profughi sono composte perlopiù di donne e bambini, e c’è un numero preoccupante di minori non accompagnati: «Più di 500 - riferisce ancora Unicef - sono stati identificati mentre transitavano dall’Ucraina alla Romania dal 24 febbraio al 17 marzo. Il vero numero di bambini separati che sono fuggiti dall’Ucraina verso i Paesi vicini è probabilmente molto più alto». Al momento ci sono anche 3,3 milioni di minori sfollati all’interno del Paese.
Oltre a quello dei minori, esiste un concreto rischio di tratta per le donne, che verrebbero intercettate alla frontiera e attratte con l’inganno e la promessa di un trasferimento sicuro verso il racket della prostituzione dei Paesi limitrofi. Una circostanza confermata anche da chi ha fatto sopralluoghi sul posto, come il cardinale Michael Czerny, prefetto del dicastero vaticano per lo Sviluppo umano integrale, che dopo una visita in Ucraina ha lanciato l’allarme sui trafficanti che tentano di rapire donne a questo scopo.
Motivo in più perché la macchina dell’accoglienza e dei trasferimenti vada predisposta e organizzata per garantire la massima sicurezza a chi cerca rifugio in Paesi diversi dal proprio. In Italia, per esempio, dove a oggi sono arrivati in tutto ben oltre 55 mila profughi, in particolare in Lombardia ed Emilia-Romagna dove risiedono forti comunità di connazionali, e la stragrande maggioranza sono donne e bambini, si lavora su più fronti: c’è quello delle famiglie di parenti e amici, ma anche il mondo dei monasteri, delle case disabitate nei borghi spopolati o in quelle che potranno essere affittate grazie al sostegno dello Stato. Si è attivata in questo senso anche la rete della Caritas, che ha contattato parrocchie e istituti religiosi che possano essere inseriti nel computo dell’accoglienza, sotto il coordinamento dei prefetti.
Un lavoro che peserà anche sulla macchina burocratica: domani scenderanno in piazza i sindacati di polizia secondo cui il carico di lavoro degli uffici immigrazione, che già da tempo erano «in sofferenza», si è aggravato con l’arrivo dei profughi ucraini. Si rischia, dice la Silp Cgil, «un clamoroso stop di tutte le pratiche sul territorio nazionale se non saranno prorogati i contratti in scadenza dei 1.400 lavoratori somministrati che operano negli uffici immigrazione delle questure e delle prefetture oltre alle commissioni territoriali».
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