Le forze armate russe stanno intensificando gli attacchi a distanza sulle città ucraine, per compensare gli scarsi progressi nell’avanzata sul terreno. E a pagarne il prezzo sono soprattutto i civili. Sul fronte sud Mariupol è praticamente distrutta, e si temono fino a ventimila morti. Le vittime sono state seppellite in fosse comuni. In città dove manca l'acqua ormai da giorni, la gente scioglie la neve per ricavarne acqua. Anche nel nordest Chernihiv e Kharkiv sono state bersagliate da nuove raffiche di bombe e colpi di mortaio, che hanno provocato decine di vittime tra i residenti. Attacchi che il G7 ha condannato duramente, assicurando che «gli autori di crimini di guerra ne risponderanno». La Russia, stima il Pentagono, ha lanciato più di 1.000 missili in queste prime tre settimane di invasione. Colpire dal cielo è una tattica per far collassare dall’interno i propri obiettivi, nella misura in cui la resistenza degli ucraini lungo il percorso e le difficoltà nei rifornimenti stanno impedendo alle truppe di Putin di entrare nei centri abitati. Gli effetti di questa morsa asfissiante sono evidenti a Mariupol, dove il 90% degli edifici è stato distrutto per i bombardamenti quotidiani dei russi, hanno affermato le autorità locali. All’indomani dal raid che ha raso al suolo il teatro che dava rifugio ad oltre mille sfollati. Mentre il governo di Kiev ha stimato che nella città martire sul Mar Nero le perdite tra i civili possano essere 20mila. Soltanto 30mila persone del resto sono riuscite a fuggire, mentre oltre 350mila restano sotto assedio senza acqua ed elettricità. Una pioggia di fuoco russo è caduta anche su Chernihiv. Le vittime civili accertate sono oltre 50, tra cui una famiglia con tre bambini, ma potrebbero essere molte di più, hanno stimato le autorità regionali. Tra l’altro, tra i civili uccisi c’è anche un cittadino americano. Nell’area di Kharkiv l’artiglieria russa ha provocato almeno 21 morti e 25 feriti, colpendo nella notta la città di Merefa. Tra gli edifici distrutti, anche una scuola ed un centro culturale. In un villaggio poco distante, Kozacha Lopan, è stato denunciato un raid con bombe a grappolo che ha ucciso almeno sei persone. L’offensiva su Kiev sta procedendo allo stesso modo, con pesanti bombardamenti intorno alla capitale (un bambino di 2 anni è morto in un raid a Novy Petrivtsi), perché i russi sono impantanati. I generali ucraini hanno spiegato di essere riusciti a tenere l’artiglieria del nemico fuori dalla portata del centro e le truppe di Mosca sono lontane ancora 20 chilometri. Per tentare di superare questo stallo, l’Armata di Putin potrebbe ricorrere a breve a rinforzi esterni. Il controverso leader ceceno Ramzan Kadyrov, signore della guerra ceceno al servizio dello zar, è tornato ad annunciare che migliaia di suoi miliziani sono partiti per l’Ucraina. Ai confini russi nel frattempo si stanno addestrando centinaia di mercenari siriani. Che secondo l’intelligence ucraina potrebbero arrivare a decine di migliaia. A Kiev si teme anche un intervento della Bielorussia al fianco di Mosca. «Risponderemo ad un’escalation dell’Ucraina contro di noi», ha minacciato il presidente Aleksandr Lukashenko, e nel Paese sono riprese le esercitazioni militari. Con il coinvolgimento di milizie e mercenari stranieri c’è il rischio che la guerra di Putin diventi ancora più sporca. Per l’Occidente tutto questo è inaccettabile e lo hanno ribadito i ministri degli Esteri del G7. Con una condanna agli «attacchi indiscriminati contro i civili» e alla «distruzione delle infrastrutture, degli ospedali, dei teatri e delle scuole». Ed un avvertimento: gli autori dei crimini di guerra dovranno renderne conto.