Joe Biden accelera sull’azione a sostegno di Kiev ed è pronto ad inviare nuovi carichi di armi di ultima generazione, per garantire rinnovato vigore alla resistenza ucraina contro l’invasore. Le prime spedizioni sarebbero già partite e la temperatura già elevatissima sull’asse Washington-Mosca rischia di salire a livelli di guardia, provocando un’escalation dalle conseguenze imprevedibili. Del resto il pressing sul presidente americano, chiamato da più parti a fare di più sul terreno di scontro, cresce di ora in ora. Soprattutto dopo il pasticcio dei Mig-29, quelli che la Polonia non ha potuto inviare in Ucraina per il no del Pentagono a farli transitare in una base Usa in Germania. Una mossa giudicata troppo pericolosa da Washington, che però si è attirata molte critiche. Ecco allora che Biden intende inviare un nuovo concreto segnale di aiuto alle forze ucraine, in accordo con la Nato e con gli alleati europei. Tanto più che il Congresso ha stanziato fondi per 3,5 miliardi di dollari per rifornire Kiev di ulteriori equipaggiamenti e mezzi militari. Ma il Cremlino, che finora si è ben guardato dal prendere di mira i convogli di armi inviati dagli occidentali, non sembra più intenzionato a restare fermo. E il viceministro della Difesa russo, Sergei Ryabkov, lo ha detto a chiare lettere: d’ora in poi si rischiano «gravi conseguenze», con le colonne che trasportano sistemi antiaereo e anticarro che saranno considerate dalle truppe di Mosca «legittimi bersagli». E c’è da credere che i russi anche stavolta facciano sul serio, visto che gli armamenti in questione sono quelli rivelatisi già fondamentali nel contenere e frenare l’avanzata delle forze occupanti in questi primi diciassette giorni di guerra. Si tratta dei micidiali missili a spalla Stinger, che attraverso lanciarazzi portatili sono in grado anche di abbattere i jet nemici. Oppure gli altrettanto letali Javelin, arma anticarro con un sistema di guida automatica ad infrarossi che permette ai missili di individuare il bersaglio e centrarlo seguendo il calore dei motori: per questo vengono soprannominati ’fire and forget’, spara e dimentica. Ci sono poi anche i mortai di ultima generazione, che lanciano razzi a corto raggio in grado di infliggere danni enormi ai mezzi degli invasori. La Casa Bianca invece ha ancora una volta respinto la richiesta di alcuni membri del Congresso di mettere a disposizione di Kiev anche aerei e droni per spezzare la supremazia aerea russa. C’è però un aspetto che preoccupa il Pentagono, il cui capo, Lloyd Austin, nelle prossime ore sarà a Bruxelles e in Slovacchia: il fatto che armamenti così sofisticati possano finire nelle mani delle forze di Mosca ed essere trasferiti anche ai separatisti filorussi che combattono nella regione del Donbass. Ci sono i precedenti, ricordano gli esperti, come le armi inviate ai mujaheddin in Afghanistan per combattere proprio i russi negli anni ‘80 e ‘90, e poi finite o rimaste in mani nemiche.