«Un attacco odioso, che spaventa»: è stata la prima reazione delle centinaia di indiane che ieri si sono ritrovate «all’asta» in rete, con nomi e cognomi, informazioni dettagliate, e, sotto le foto, la scritta «affare del giorno». Vecchie e giovani, studentesse o madri di famiglia, giornaliste, attiviste, diverse tra loro, ma accomunate dalla fede, l’Islam.
A trasformarle in gadget da deridere, per poche rupie, è stata la app «Bulli Bai», una piattaforma che le ha messe alla berlina, in uno degli attacchi più odiosi degli ultimi tempi.
Già nel nome, che combina la parola volgare usata per il pene al termine «cameriera», «Bulli Bai» dichiara il suo intento misogeno. Ma l’odio contro le donne spiega solo in parte le imbarazzanti molestie: il vero obiettivo sono le musulmane. E la loro comunità.
Vittime ormai di attacchi crescenti, in tutto il paese. Sempre oggi, a dispetto di una sentenza del 2017 della Corte Suprema che ha ribadito il diritto per le musulmane di portare il velo, un college del Karnataka ha rifiutato l’ingresso a sei ragazze che indossavano la hijab. Nelle settimane scorse, la preghiera all’aperto del venerdì nella piazza di Gurgaon, una delle città satellite di Delhi, è stata disturbata da squadre di integralisti indu che pretendono di impedire la celebrazione pubblica.
I musulmani in India sono quasi duecento milioni, il 15 per cento della popolazione del paese e costituiscono la terza comunità più estesa al mondo; ma dall’arrivo al potere del Bjp, e del premier Modi, sono ormai sotto attacco. In modo esplicito.
L’India, nata sui pilastri della convivenza di un arcobaleno di religioni, tra induismo, islam, giainismo, buddismo, sikhismo, cristianesimo, zoroastrismo, sta approvando provvedimenti contro la libertà di fede: come le leggi anticonversione, in vigore in vari stati, che bloccano i matrimoni tra religioni diverse e fomentano attacchi contro i non indù. a 360 gradi. Lo si è visto la settimana di Natale: dovunque ci sono state aggressioni a fedeli e chiese cristiane.
La piattaforma che ospitava l’asta della vergogna è chiusa: Ashwini Vaishnar, il ministro alle tecnologie informatiche l’ha bloccata e avviata un’inchiesta. Ma non basta. «Quest’offesa alle donne è disgustosa, ma l’attacco all’Islam è peggio: denuncia l’avvelenamento della nostra cultura», avvertono molti commentatori. Non si tratta del primo caso del genere, come ricorda la Bbc: già nel luglio scorso un’app e un sito Web chiamati «Sulli Deals» hanno creato i profili di oltre 80 donne musulmane, utilizzando foto caricate online, e le hanno descritte come “offerte del giorno». A distanza di sei mesi non è ancora stato effettuato alcun arresto.
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