Crisi Usa-Cina, la Casa Bianca annuncia il boicottaggio diplomatico alle Olimpiadi invernali di Pechino
Joe Biden sferra l’ultimo schiaffo alla Cina, uno sgarbo di quelli destinati a lasciare il segno nel tempo rendendo ancor più difficile la ripresa del dialogo. La Casa Bianca ha ufficialmente annunciato che nessun rappresentante dell’amministrazione statunitense sarà presente ai Giochi Invernali di Pechino 2022, aprendo la strada a un boicottaggio diplomatico di massa che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda.
Anche Australia e Regno Unito potrebbero seguire gli Usa
La mossa del presidente americano, infatti, dovrebbe aprire la porta a decisioni simili da parte di altri Paesi, a partire dall’Australia e dal Regno Unito. L’annuncio di Washington era nell’aria da tempo, viste le pressioni di molti ambienti fuori e dentro il Congresso per l’adozione di una linea dura che mandi alla Cina un chiaro messaggio sul fronte della difesa dei diritti umani nel Tibet, ad Hong Kong e nello Xinjiang. Pechino è infatti accusata di soffocare la voce degli oppositori e di violare le libertà delle minoranze religiose come quella degli uiguri, perseguitata e oggetto di torture e violenze. Una situazione, quest’ultima, che la Casa Bianca ha definito senza giri di parole «genocidio».
La Cina: "Sarebbe una grave macchia alla Carta olmpica"
La risposta del ministero degli Esteri cinese, che ha sempre respinto ogni intrusione nei suoi affari interni, era già arrivata prima dell’annuncio della Casa Bianca, quando già circolavano le indiscrezioni su una decisione imminente: «Se gli Stati Uniti insistono nell’andare sulla propria strada adotteremo sicuramente contromisure risolute. Le Olimpiadi Invernali non possono essere il palcoscenico per una provocazione politica», ha affermato il portavoce Zaho Lijian: «Sarebbe una grave macchia per lo spirito della Carta Olimpica e una grave offesa per un miliardo e mezzo di cinesi».
L'ipotesi disgelo è sempre più lontana
Per quanto simbolica, dunque, la decisione del boicottaggio diplomatico rischia di essere la pietra tombale sul tentativo di disgelo avviato due settimane fa nel corso del summit virtuale tra Biden e Xi Jinping, con l’obiettivo di riportare i rapporti tra le due superpotenze economiche e militari su binari che evitino un conflitto. Il no alle Olimpiadi di Pechino da parte degli Usa, pur salvaguardando la partecipazione degli atleti americani, si andrebbe infatti ad aggiungere alle tensioni legate alla questione Taiwan. Con quest’ultima, a differenza della Cina, invitata alla Conferenza per la democrazia convocata da Biden per i prossimi giorni.
A far precipitare la situazione il caso della tennista Peng Shuai
A far pendere definitivamente la bilancia per il boicottaggio diplomatico di Pechino 2022 sarebbe stata la vicenda della star cinese del tennis Peng Shuai, per tre settimane sparita dalla scena pubblica dopo aver denunciato molestie sessuali da parte di un ex alto responsabile del Partito Comunista. Una vicenda che ha scosso l’opinione pubblica americana. Poco importa se la decisione di Biden di disertare Pechino 2022 è destinata a creare ulteriori attriti con il Comitato Olimpico Internazionale, contrario ad ogni forma di boicottaggio ma accusato a sua volta da Washington di essere troppo accondiscendente con le autorità cinesi. Per tornare a situazioni di boicottaggio olimpico bisogna risalire al 1980, quando l’amministrazione di Jimmy Carter guidò oltre 60 Paesi che non parteciparono ai Giochi di Mosca per protestare contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Come rappresaglia quattro anni più tardi quindici Paesi insieme all’Unione Sovietica boicottarono i Giochi di Los Angeles.