«Sto bene e sono al sicuro». In una videochiamata di mezz’ora con il presidente del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach, la star del tennis cinese Peng Shuai torna a farsi vedere dopo giorni di forte preoccupazione a livello internazionale per la sua scomparsa a seguito delle denunce di abusi sessuali da parte dell’ex vicepremier di Pechino, Zhang Gaoli. L’atleta «si trova nella sua casa a Pechino, ma preferirebbe che in questo momento venisse rispettata la sua privacy», riferisce il Cio in una nota. «E’ per questo che per adesso preferisce passare il tempo con gli amici e la famiglia. Nonostante ciò, continuerà ad essere coinvolta nel tennis, lo sport che ama così tanto», aggiunge il comunicato del Cio, che nei giorni scorsi era finito nel mirino dei social media con l’accusa di aver difeso troppo debolmente la tennista 35enne, già numero uno del mondo nel doppio femminile. A poco più di due mesi dai Giochi invernali di Pechino 2022 - per cui il presidente americano Joe Biden ha già ipotizzato un boicottaggio diplomatico -, l’intervento di Peng appare come l’ultimo tentativo della Cina di disinnescare l’imbarazzante polemica sulla sua sparizione dalla scena pubblica. L’atleta non era più stata vista in pubblico da quando a inizio novembre aveva puntato il dito contro Zhang, alto papavero del Partito comunista cinese, ritenuto molto vicino al presidente Xi Jinping: sul social locale Weibo aveva denunciato di essere stata abusata sessualmente dall’ex vicepremier, oggi 75enne, con cui per anni ha intrattenuto una relazione extraconiugale. Mai il ‘Me Toò era giunto così vicino ai vertici del potere di Pechino. Le accuse sparirono dopo poche ore sotto la tenaglia della censura di Stato, lasciando però inevitabili tracce sul web: migliaia di utenti avevano già condiviso il racconto, scatenando proteste e indignazione a livello globale per lo scandalo e il successivo oscuramento. A dirsi preoccupati per la sorte della tennista erano stati fan e colleghi illustri del circuito, da Naomi Osaka a Novak Djokovic e Roger Federer, mentre i giornali sportivi di mezzo mondo, dall’Equipe a Marca, le avevano dedicato la prima pagina con l’hashtag ‘Dov’è Peng Shuai?’. Un allarme rilanciato dall’Onu e dai governi occidentali, fino all’appello a fornire “prove indipendenti e verificabili» sulle condizioni dell’atleta giunto direttamente da Biden. Prima della videochiamata con Bach, le autorità di Pechino avevano disseminato una serie di tracce per cercare di chiudere il caso. Prima un’email non verificata a Steve Simon, numero uno della Women’s Tennis Association, poi alcune foto casalinghe tra i peluche con un gattino tra le mani, e ancora alcuni scatti al ristorante: tutte presunte prove della normalità nella vita dell’atleta. Oggi è arrivato anche un video in cui la vincitrice in doppio femminile di Wimbledon e Roland Garros sorride e firma palle da tennis giganti alle piccole fan, concedendosi ai flash, in un torneo per bambine a Pechino. Presunte prove che però non hanno convinto la comunità internazionale. «Aspetto solo una cosa: che Peng Shuai parli. Se le autorità cinesi vogliono fare chiarezza, devono permetterle di parlare, di dire dove si trova, come vive e quello che fa. Se le viene impedito, se c’è stata un’evidente scomparsa, saremo costretti a trarne delle conseguenze diplomatiche», aveva avvertito il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian. Sospetti che si accompagnano a quelli della Gran Bretagna, che ha esortato Pechino a fornire «prove verificabili in merito alla sicurezza e al luogo in cui si trova» Peng. E anche ora che è giunta la videochiamata apparentemente chiarificatrice con il presidente del Cio, quella richiesta di «privacy» sembra voler gettare una pietra tombale sul caso Peng.