Saranno scagionati due degli uomini che, nel 1966, furono condannati per l’omicidio avvenuto un anno prima a New York di Malcom X, il leader afroamericano della lotta al razzismo il cui assassinio fu uno dei più clamorosi nel XX secolo. Lo ha reso noto l’ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan, Cyrus Vance.
Le «condanne ingiustificate» di Muhammad Abdul Aziz e Khalid Islam, che all’epoca dei si chiamavano Norman 3X Butler, e Thomas 15X Johnson, sono state dunque ribaltate. Aziz, che ora ha 83 anni, fu rilasciato nel 1985, mentre Islam fu rimesso in libertà nel 1987 ed è morto nel 2009. Entrambi avevano sempre sostenuto la propria innocenza.
Secondo un’indagine condotta dalla procura distrettuale di Manhattan e dagli avvocati di entrambi i condannati, il processo per la morte del leader nero nel febbraio 1965 fu costellato di errori e omissioni. Dopo 22 mesi l’indagine ha concluso che sia l’Fbi che la polizia di New York nascosero prove che, se rese pubbliche, avrebbero probabilmente portato all’assoluzione dei due uomini che hanno trascorso decenni in carcere per un crimine che non hanno mai commesso. Il terzo condannato, Mujahid Abdul Halim (che all’epoca si faceva chiamare Talmadge Hayer o Thomas Hagan), aveva ammesso le sue colpe in punto di morte, ma aveva dichiarato che gli altri due non c'entravano nulla.
Malcom X fu assassinato il 21 febbraio 1965, mentre stava per cominciare a parlare a una manifestazione all’Audubon Ballroom di Manhattan, davanti agli occhi della moglie e delle figlie: tre uomini spararono tra la folla e lo uccisero. L’inchiesta innescò dubbi da subito, tanto da alimentare nel tempo terapie cospirazioniste, ma i tre arrestati furono condannati.
Cyrus R. Vance ha reso noto, sul suo account Twitter, che il suo ufficio - insieme all’organizzazione The Innocence Project, che si dedica alla lotta per la difesa delle persone condannate ma che rivendicano la propria innocenza, e lo studio dell’avvocato per i diritti civili David Shanies - chiederà al giudice di annullare le sentenze, inflitte nel 1965. E in un’intervista al New York Times, che ha anticipato la storia, si è scusato a nome delle forze dell’ordine. «Questi uomini non hanno ricevuto la giustizia che si meritavano». «Quello che possiamo fare è riconoscere l’errore, la gravità dell’errore. Ma questo indica che le forze dell’ordine hanno spesso fallito nelle loro responsabilità». Un’ammissione di colpa che riscrive uno dei momenti più dolorosi della storia americana moderna.
La revisione del caso è partita dopo la pubblicazione di un clamoroso documentario sull'omicidio e di una nuova biografia dell’attivista: nuovo materiale dunque che, però, non identifica gli assassini, nè chiarisce se ci sia stato un possibile complotto da parte della polizia o del governo per mettere a tacere l’attivista nero all’epoca all’apice della popolarità, nè tantomeno se si sarebbe potuto prevenire l’accaduto.
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