Come ampiamente previsto, Daniel Ortega si è assicurato in Nicaragua il suo quinto mandato presidenziale che, se tutto andrà bene per lui, lo vedrà al potere fino al 2027. La conferma è arrivata nella notte dal Consiglio supremo elettorale (Cse), che gli ha assegnato provvisoriamente il 74,99% dei suffragi espressi ieri, con il resto ripartito fra altri quattro semisconosciuti candidati.
Immediata la replica di Stati Uniti, Unione europea, Germania e Spagna, che non hanno esitato a bollare il risultato del voto come «una pantomima» ed uno scivolamento verso «un regime autocratico». Si è trattato di un successo che lo stesso leader sandinista si è costruito nei mesi scorsi, insieme alla consorte e vicepresidente Rosario Murillo, eliminando, uno ad uno, tutti i suoi principali avversari, finiti dietro le sbarre o agli arresti domiciliari. Di questi, almeno sette erano aspiranti alla candidatura presidenziale con possibilità di successo. Come conseguenza della sua impresa, quando si insedierà nuovamente al potere in gennaio, Ortega migliorerà il primato, già suo, di leader politico con il maggior numero di anni alla guida del Nicaragua: oggi sono 26, e saranno 31 nel 2027.
Una situazione che inquieta da tempo gran parte della comunità internazionale, che lo ha ripetutamente denunciato per gravi violazioni dei diritti umani e per la carcerazione di un gran numero di oppositori, imponendo per varie personalità nicaraguensi sanzioni mirate. C’è da aspettarsi che il capitolo Nicaragua non si chiuderà con la riconferma di Ortega, perché da Washington e Bruxelles sono state formulate dure critiche al suo operato e alla mancanza di trasparenza del processo elettorale. Così, il presidente Joe Biden è sceso in campo definendo in un comunicato l’accaduto «una farsa». In precedenza, peraltro, il capo della Casa Bianca aveva promesso di promulgare subito la legge ‘Renacer’ che promuoverà pressioni economiche e diplomatiche per riportare la democrazia in Nicaragua.
Molto dura è stata anche la presa di posizione della Ue. L’Alto Rappresentante della Politica estera, Josep Borrell, ha accusato Managua di aver instaurato un «regime di terrore» dopo i disordini della primavera 2018, trasformando il Paese in «un regime autocratico». Questo, ha lasciato intendere Borrell, potrebbe indurre i ‘27’ ad inasprire le sanzioni economiche esistenti.
Quasi certamente, comunque, Ortega sapeva che la sua rielezione sarebbe stata criticata, ed ha per questo rafforzato al massimo le relazioni con i Paesi amici della regione (Cuba, Venezuela e Bolivia) nonché quelle con la Russia.
Mosca non nasconde da tempo le proprie ambizioni geopolitiche in America latina e oggi il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov, dopo un colloquio con il collega venezuelano Felix Plasencia, ha dichiarato di ritenere «inaccettabile» la posizione degli Usa di non riconoscere il risultato delle votazioni in Nicaragua e la richiesta ad altri Paesi di fare lo stesso. Secondo il team di osservatori russi, ha assicurato Lavrov, quelle elezioni «“si sono svolte in modo organizzato e in piena conformità con la legislazione nicaraguense».
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