Lunedì 23 Dicembre 2024

Pallavolista afghana uccisa dai Talebani perché voleva giocare senza velo: aveva 18 anni

In un'immagine pubblicata suTwitter viene indicata Mahjubin Hakimi, assassinata dai Talebani

Uccisa dai Talebani perché di etnia hazara e per avere scelto di giocare a pallavolo a viso scoperto. A riportare la notizia della morte di Mahjabin Hakimi, appena diciottenne giocatrice della nazionale giovanile di volley afghana, sono alcuni media indiani  e l’account ufficiale dell’Independent Persian, secondo i quali la ragazza sarebbe stata decapitata a inizio ottobre. Queste ultime due circostanze - la data e la decapitazione - non sembrano comunque certe. La famiglia avrebbe reso noto la notizia solo nelle ultime ore per timore di rappresaglie.

Il minuto di silenzio

Un minuto di silenzio in memoria di Mahjabin sarà osservato su tutti i campi della pallavolo italiana nel fine settimana, dalla massima serie ai tornei regionali e territoriali. Il mondo della pallavolo è stato sconvolto dalla notizia. La fine della ragazza, agente di polizia, ha choccato tutti.

Il messaggio di Myriam Sylla

La pallavolista palermitana Myriam Sylla, capitano dell’Italvolley femminile campione d’Europa, ha diffuso un messaggio video: «Il mondo intero - dice - ha fallito, deve sentirsi in colpa e in lutto per la morte di Mahjabin Hakimi. Poteva essere mia sorella, potevo essere io». L'azzurra dà voce al dolore non solo dello sport italiano. «Riguarda tutti, non solo me in quanto donna, pallavolista, capitana».

Le conferme di Mauro Berruto

La colpa della giovane pallavolista afgana - ora nuovo simbolo di un clima di terrore a Kabul - sarebbe stata quella di voler continuare a giocare a viso scoperto, ma è possibile che il lavoro «abbia contribuito a segnarne la sorte», dice Mauro Berruto, responsabile sport del Pd ed ex ct dell’Italia maschile di pallavolo. Berruto ha scritto un tweet, nel quale sollecita «corridoi umanitari, che non significa trattare con i talebani, per offrire una via di fuga protetta dai militari Onu agli afghani che riescono a raggiungere con i propri mezzi i confini di Iran, Pakistan, Tajikistan». Per fare un po’ di chiarezza sulle notizie frammentarie, la fonte più diretta disponibile è proprio Berruto, che dal 27 agosto («Sono certo della data perché era il giorno dopo l'attentato all’aeroporto di Kabul») è in contatto con una compagna di squadra - poi giunta sana e salva in Italia dopo un viaggio rocambolesco - che per prima gli aveva descritto l'assassinio di Mahjubin Hakimi. «Subito dopo aver letto la notizia, l’ho chiamata e lei mi ha confermato che si trattava della ragazza uccisa dai talebani - racconta Berruto -. Le smentite? Non sono lì, ma mi fido assolutamente di quello che mi ha raccontato. Ho il telefono pieno di fotografie che descrivono storie altrettanto terribili. È certo che l’omicidio sia avvenuto nella prima metà di agosto, non a fine settembre-inizio ottobre. Non è invece confermata la circostanza della decapitazione, ma questo cambia poco».

La fuga degli sportivi

Intanto, prosegue la fuga dall’Afghanistan degli sportivi e di chi lavorava nelle federazioni. Ad operazione felicemente conclusa, la Fifa ha annunciato l’evacuazione verso il Qatar di 57 persone, per lo più donne e bambini, atterrate in sicurezza a Doha ieri. Si tratta di rifugiati legati al calcio ed al basket femminile. Il 14 ottobre Fifa e Qatar avevano evacuato con successo quasi 100 membri della Federcalcio afghana, comprese le giocatrici. «Chiedo a tutti i nostri amici nei governi e nella comunità calcistica di tutto il mondo - ha scritto il presidente Gianni Infantino - di aiutarci a ottenere permessi di soggiorno e visti per gli sfollati in modo che possano iniziare una nuova vita in circostanze sicure e protette».  

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