«È Olaf Scholz ad avere le chance migliori per diventare cancelliere». La spallata degli alleati bavaresi al leader della Cdu Armin Laschet arriva anche prima del previsto ed è direttamente il leader Markus Soeder a mettere in chiaro che l’Spd ha la precedenza per trattare per il prossimo governo tedesco con Verdi e Liberali. Aggiungendo anche gli auguri al vincitore: «una questione di stile congratularsi con chi ha avuto più voti. Quindi, visto che non è ancora successo, tengo a fare espressamente io le congratulazioni a Scholz». Un gesto in grado di minare ulteriormente l’autorevolezza del governatore della Vestfalia, che non ha ancora reso l’onore delle armi al vincitore. «Abbiamo subito una grave sconfitta e il risultato va rispettato», l’ulteriore frecciata di Soeder, sottolineando con la voce l’ultima parola. Dichiarazioni emblematiche del clima di veleni interno all’Unione, dove il candidato che ha fallito alle urne, e che non si vuole arrendere, sta rischiando la fine della sua carriera politica. Intanto la sfida del giorno è stata la nomina del numero uno del nuovo gruppo parlamentare: oggetto di una lite interna a causa del tentativo di Laschet di imporre una soluzione commissariale per 4-6 settimane e tenersi il posto riservato in caso di fallimento. Linea osteggiata dalla Csu: «Il gruppo deve funzionare, servono ordine e struttura», ha chiarito il capogruppo Alexander Dobrindt. Contrario era anche l’uscente Ralf Brinkhaus, pronto a ricandidarsi per la posizione per un anno. Il compromesso si è trovato alla fine su un mandato di sette mesi: Brinkhaus è stato eletto dall’85% dei deputati, con un incarico che durerà fino ad aprile. «Un successo» almeno parziale per Laschet, secondo la lettura del deputato Marinaa Wendt, per il quale è chiaro che in questo modo il leader della Cdu ha guadagnato tempo, allentando la pressione sulle sue sorti personali. Il clima della prima seduta dell’Unione dopo il peggior risultato di sempre, alla presenza dei nuovi e dei vecchi parlamentari, sarebbe stato certamente «non euforico» ma almeno “costruttivo». L’immagine di Laschet appare comunque talmente compromessa - aumentano i deputati che si fanno avanti per esprimere la frustrazione dovuta al disastro elettorale - che serpeggia il dubbio anche su una sua eventuale conduzione di altrettanto eventuali trattative per la coalizione Giamaica (Cdu, Fdp e Verdi). «È il negoziatore naturale», ha risposto in proposito Brinkhaus, provando a sgomberare il campo dai dubbi, “come lo sono il presidente del gruppo parlamentare dell’Unione, il presidente della Csu e il numero uno del gruppo parlamentare cristiano sociale». Risalgono a ieri le prime richieste di dimissioni avanzate dalla deputata Ellen Demuth, la quale ha riferito oggi di avere avuto 20 mila like su Twitter e molti riscontri positivi per il coraggio dell’iniziativa assunta. Dietro le quinte, c’è enorme fermento. Si vede rilanciato il ministro della Salute Jens Spahn, sostenuto da chi chiede un ricambio generazionale. E molto attivo è anche Friedrich Merz, l’avvocato finanziario appena rientrato in parlamento dopo essere stato espulso dalla politica da Angela Merkel tanti anni fa. Lei, la cancelliera, davanti al disorientamento del partito tace. Ha solo spinto per trattative veloci, al Paese serve un governo, assicurando tuttavia l’impegno personale fino all’ultimo giorno.