Puigdemont torna libero, niente estradizione in Spagna. Il leader catalano può lasciare l'Italia
Carles Puigdemont torna libero, senza alcuna misura cautelare, e beffa ancora la Spagna. Arrestato giovedì sera all’aeroporto di Alghero, appena sbarcato da un volo dal Belgio, l’ex presidente della Catalogna ha passato la notte nel carcere di Bancali a Sassari, dove oggi ha assistito all’udienza di convalida dell’arresto avvenuto su mandato internazionale chiesto dalla magistratura spagnola. Ma la Corte d’Appello di Sassari ha deciso per la scarcerazione senza alcuna restrizione: il leader catalano è quindi libero anche di lasciare l’Italia, nonostante l’udienza per decidere l’estradizione in Spagna sia stata fissata per il 4 ottobre. Nel caso non si presentasse e non fosse nemmeno su territorio italiano, come probabile, la corte dovrà archiviare il caso con un non luogo a procedere. «La Spagna non perde occasione per mostrarsi ridicola!», ha twittato Puigdemont appena uscito dal carcere. Assediato dalla stampa e accolto dall’ovazione di un centinaio di sostenitori sardi e indipendentisti catalani che si trovano in Sardegna per lo stesso evento che lo ha portato sull’isola, la festa internazionale della cultura popolare catalana Adifolk, l’ex president non ha rilasciato dichiarazioni e si è limitato a un cenno di saluto prima di salire in macchina con il presidente della Regione, Christian Solinas, e il presidente del Consiglio regionale, Michele Pais, diretti ad Alghero. Pur ritenendo legale l’arresto del leader che portò la Catalogna al controverso referendum sull’indipendenza dell’1 ottobre 2017, la giudice della Corte d’Appello di Sassari, Plinia Azzena, ha stabilito che non c’è ragione di applicare alcuna misura cautelare, accogliendo la richiesta in tal senso della procuratrice generale Gabriella Pintus. In un’intricatissima vicenda giudiziaria, oltre che politica, la Spagna continua però a invocarne l’estradizione per i reati di «eversione» e «malversazione di fondi pubblici» di cui accusa l’ex presidente della Generalitat per aver organizzato quel referendum, che Madrid aveva negato, segnato anche dalle violenze della polizia spagnola. «È evidente che Carles Puigdemont deve presentarsi e mettersi a disposizione della giustizia», aveva affermato in mattinata il premier spagnolo Pedro Sánchez dall’isola di La Palma, dove si trova per l’emergenza dell’eruzione vulcanica in corso. Incalzato dai giornalisti, il leader socialista si è limitato a ricordare che nel 2017 a Madrid c’era un altro governo (quello del popolare Mariano Rajoy), a ribadire che il suo esecutivo “rispetta» le decisioni della magistratura e a sottolineare in questa fase cruciale per il Paese che «il dialogo con la Catalogna è più necessario che mai». Soprattutto per la sopravvivenza del suo governo. La vicenda resta però un grattacapo giudiziario perché nel frattempo Puigdemont è stato eletto, nel 2019, al parlamento europeo, ma lo scorso marzo lo stesso parlamento ha revocato l’immunità parlamentare a lui e ad altri due indipendentisti catalani. Revoca confermata dal Tribunale di Lussemburgo il 30 luglio scorso con un’ordinanza che lasciava però intendere come il mandato d’arresto europeo non avrebbe potuto essere eseguito da altri Stati membri, tanto che il leader catalano la scorsa estate ha passato diverso tempo in Francia al confine con la Catalogna. Ma il Tribunale supremo spagnolo considera il mandato d’arresto tuttora «in vigore», spiegando che «non è mai stato annullato». Questione che sembra ora tornata al punto di partenza con Puigdemont libero di lasciare l’Italia, rientrare in Belgio, andare e venire per l’Europa. La Commissione europea mantiene intanto la stessa neutralità: «È una questione che riguarda le autorità giudiziarie e noi rispettiamo la loro indipendenza», ha detto un portavoce della Commissione rispondendo ai giornalisti che chiedevano un commento. Anche in Italia la vicenda ha suscitato reazioni. La Lega in mattinata era insorta chiedendone la liberazione: «Spero che non sia l’Italia a farsi protagonista di giustizia o vendette su richiesta di altri Paesi», aveva detto Matteo Salvini. Mentre il sottosegretario Franco Gabrielli aveva spiegato che l’Italia non poteva sottrarsi dall’eseguire un mandato di arresto europeo, pur ammettendo come fosse «ovvio“ che si tratti di «situazioni che tutto sommato non preferiremmo mai trattare».